Laurent Mannoni ‘La grande arte della luce e dell’ombra. Archeologia del cinema’

 

Di Marco Loprete

marcoloprete@yahoo.it

Laurent Mannoni, collezionista e ricercatore, nonché direttore del prestigioso Museo del cinema di Parigi, è l’autore di questo imponente (oltre seicentotrenta pagine) e fondamentale saggio sull’archeologia del cinema uscito per la Lindau. Nello specifico, lo studioso si occupa di quello che egli stesso chiama pre-cinema, intendendo con questa espressione tutte le teorizzazioni, le ricerche e i prodotti tecnologici, realizzati tra il XIII secolo (la famosa camera obscura, in grado di “catturare le immagini esterne all’interno di una sala buia”, la cui prima ipotizzazione risale per certi versi già da Aristotele, ma il cui sviluppo, avvenuto svariati secoli più tardi, è attribuibile al lavoro di astronomi e studiosi di ottica), ed il 1895, data che segna la nascita del cinema “vero e proprio”, grazie al lavoro di gente come i fratelli Lumière.

Mannoni, nell’introduzione al saggio, specifica come l’ida di dedicare uno studio al pre-cinema gli sia venuta dall’osservazione di una lanterna magica policroma, vera e propria antenata dei moderni proiettori. La ricerca di testi dedicati alla preistoria della settima arte, tuttavia, non diede i frutti sperati: da qui l’esigenza di scrivere un trattato che ricostruisse la storia dell’origine del  cinema, intesa come “«un cammino verso le stelle» che dura diversi secoli ed è costellata di una quantità di apparecchi estremamente ingegnosi, di immagini di infinita varietà, che vanno dal popolare al poetico, e di ricercatori che sono stati raramente dei ciarlatani, ma spesso scienziati di un rigore assolutamente moderno”.

Dunque è alla scoperta di questo mondo, quello del pre-cinema, così poco esplorato e ricco di trovate artistico/tecniche che Mannoni si è dedicato, con pazienza certosina, attraverso l’analisi di fonti di svariata natura (documenti legali, brevetti, contratti, atti di fondazione delle società e così via) e provenienza.

Il risultato è un opera affascinante e complessa, ricchissima di nomi, date ed informazioni. L’unica cosa che si può rimproverare all’autore è l’adozione di una prospettiva decisamente “francocentrica”: tuttavia, come sottolinea David Robinson nella presentazione del volume, questo punto di vista raramente degenera in sciovinismo, e se non altro evita la pretesa (falsa) di onniscenza ed imparzialità che certi storici, talvolta, tendono a spacciare per propria.