Interpol ‘Our Love To Admire’

(Capitol Records 2007)

Non convince completamente questo terzo lavoro degli americani Interpol. Non convince come non aveva convinto neppure il precedente “Antics”. In entrambi i casi, infatti, l’immagine che viene fuori è quella di un gruppo stanco, svuotato, con poche idee ripetute con diligenza ma senza la nevrotica passione che aveva animato lo splendido esordio di “Turn On The Bright Lights”, tra i migliori dischi (se non il migliore) del filone della cosiddetta “nu new wave”, di cui la band di Paul Banks è, assieme agli Strokes, tra i padri fondatori.
“Our Love To Admire” non è, intendiamoci, un disco brutto: è piuttosto un disco inutile; il che forse è peggio. L’andamento noir di Pioneer To The Falls, le splendide aperture melodiche di No I In Threesome e la sostenuta ed accattivante Heinrich Maeneuver (il primo singolo) non bastano ad allontanare la sgradevole sensazione di dejà-vu che aleggia su tutto il disco. Peccato. Perchè Banks e soci sono musicisti talentuosi: chi, se non un gruppo di compositori/strumentisti dotati potrebbe scrivere un pezzo come Lighthouse, il brano più sperimentale (e dunque forse anche il migliore) di quest’ultimo lavoro, una sorta di mantra psichedelico tutto giocato su un piano-forte di chitarra sferragliante, tastiere discrete e la splendida interpretazione di un Banks magnificamente decadente, con una coda strumentale da camera?
La speranza, dunque, è che gli Interpol recuperino un po’ della verve che li animava all’esordio. Altrimenti sono spacciati – e a noi toccherà andare a cercare in giro altri eredi dei Joy Division

Voto: 6

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