The Walkmen ‘A Hundred Miles Off’


(Talitres/Wide 2006)

La storia dei The Walkmen comincia nel 2000, quando Hamilton Leithouser e Peter Bauer (ex Recoys) e Walter Martin, Matt Barrick e Paul Maroon (ex Jonathan Fire Eater) decidono di mettere su assieme una band. Il primo passo nel mondo dell’industria discografica è la pubblicazione, nel 2002, di “Everyone Who Pretend To Like Me Is Gone” a cui segue, due anni più tardi, l’acclamato “Bows And Harrows”. Dopo un altro biennio trascorso tra tour, scrittura di un romanzo collettivo (“John’s Journey”) e partecipazioni alla colonna sonora di O.C., la band è ritornata sulle scene con questo “A Hundred Miles Off”, il suo capolavoro.
Il disco è una raccolta di quadretti di rock teso e vibrante, in cui influssi punk-hardcore convivono con un suono sporco che ammicca ai Velvet Underground e certe indolenze à la Strokes. Che il disco sia impedibile lo dimostra chiaramente l’attacco, affidato a Lousiana, un pezzo dalle venature caraibiche in cui svetta la tromba di T. Peloso. Seguono l’emozionante Danny’s At The Wedding e la notevole Emma, Get Me A Lemon, in cui su un drumming ossessivo si innestano le delicate traiettorie delle chitarre e il canto roco di Leithouser. All Hands And The Cook è impreziosita dall’ottima performance di Bauer all’organo, armonizzato con una coppia di fender sferraglianti. Ritmiche marziali propellono Lost In Boston e Don’t Get Me Down: la prima si distingue per il piglio rabbioso (in cui si riconosce l’influenza degli Strokes) e la seconda per una chitarra che blatera ficcante ed ossessiva. Tenley-Town e Always After You sono due hardcore, il primo canonico, il secondo decisamente più disarticolato; Brandy Alexander, al contrario, vanta un pattern ritmico minimalista e per nulla aggressivo.
Un ottimo disco, insomma, in cui i The Walkman riescono nell’impresa di suonare come i loro idoli new-wave e post-punk senza rifare il verso a nessuno, senza concessioni al pop più commerciale ma senza neppure rinchiudersi in un cantuccio autoreferenziale come molti sperimentatori odierni. Il giusto equilibrio tra ricerca e melodia, dunque. C’è da augurarsi che questo fantastico quintetto non si perda per strada.

Voto: 8

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