Franco Fosca, Gianluca Bernardo, Giovanni Santese ‘Ballate Di Fine Inverno’

(Autoproduzione/Redscoop 2006)

Se non possedeste un vocabolario ed aveste bisogno di sapere il significato del termine “anacronistico”, potreste tranquillamente ascoltare questo “Ballate Di Fine Inverno”. Cosa c’è di più fuori posto, nel 2006, di un disco folk ispirato alle gesta musicali del primo De Gregori o di Claudio Lolli? Ben poco, direi. Non che il prendere come riferimento artistico-culturale qualcosa di così distante nel tempo sia un male, affatto, soprattutto se si tratta di grandi artisti come quelli sopra citati; lo diventa, però, nel momento in cui ci si appiattisce sui propri modelli senza alcuno sforzo di rielaborazione critica e di “aggiornamento”, per così dire, alle istanze socio-culturali e alle sonorità del proprio tempo. E qui sta il (grosso) problema dell’opera: perchè Fosca, Bernardo e Santese, nelle venti tracce della raccolta, registrate quasi interamente tra il 2004 e il 2006 al Cespa Sound di Roma, dimostrano di non essere in grado di andare oltre la semplice emulazione.
Non è questione di plagio (anche se in alcuni casi ci si avvicina: confrontare Settembre #2 col De Gregori di Bene): l’handicap è la totale mancanza di originalità, nelle musiche come nei testi. E la banalità e i luoghi comuni si sprecano sia che si tratti di canzoni d’amore che di pezzi politici: la retorica rievocazione degli anni della contestazione di Il Fumo Degli Anni ’70 (resa ancor meno attraente da un synth acido totalmente fuori luogo) o la pesantezza anarcoide di Neasten’ka oggi non le perdoneremmo neanche a Guccini.
E’ paradossale, ma l’aderenza formale ai modelli sin qui citati è tale che alle volte, più che ad un inconscio atto d’amore, sembra di trovarsi di fronte ad una voluta interpretazione in chiave parodistica del cantautorato italiano anni ’70, di quelle che farebbero tanto impazzire il pubblico di Zelig.
“Ballate Di Fine Inverno”, insomma, è un lavoro maldestro e goffo nel suo tentativo di fare poesia, un disco di cui non si sentiva alcuna necessità e di cui, tra qualche anno, non sentiremo la mancanza.

Voto: 3

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