Peter Brotzmann/Han Bennink ‘Schwarzwaldfhar’

(Atavistic/Wide/2005)

Germania, Foresta Nera, maggio 1977: vi giungono a bordo di un camioncino nero Citroen carico di ogni sorta di strumenti e balocchi sonori Han Bennink, percussionista e Peter Brotzmann, multisassofonista, due dei maggiori esponenti della free music europea.

Per fare cosa? Improvvisare, naturalmente. Con i suoni tratti dai rispettivi strumenti di ‘ordinanza’ ma anche per provare a interagire con quelli provenienti dal luogo stesso che li ospita: l’acqua del lago (sulla quale si specchiano tutti e due nella foto riportata nel booklet del cd), il legno dei tronchi d’albero appena recisi e ammucchiati ordinatamente sulla riva, l’aria stessa mossa dal vento (o dal ‘rombo’ di Bennink, il più rudimentale aerofono che l’uomo possa produrre), addirittura il cupo ‘rombare’ di un’aereoplano di passaggio. Il tutto captato, reificato e congelato nel tempo come oggetto musicale attraverso la registrazione.

Il risultato finale fu racchiuso in un vinile della Free Music Pruction o FMP (l’etichetta per definizione del free europeo) ora meritoriamente ristampato in doppio cd dalla statunitense Atavistic.

Che dire? Riascoltare oggi gli esiti di quell’immaginifico incontro avvenuto poco meno di trent’anni fa ci estremamente piacere.

In primo luogo per la qualità delle invenzioni sonore prodotte dal dialogo incrociato tra Brotzmann, Bennink e la natura involontariamente ‘compartecipe’ che li circonda, sempre in bilico tra ferina, vociferante espressività e la gag irridente, sardonica, a volte sgangherata : spesso pare proprio che i due vogliano celarsi dietro la coltre dei tanti (permutabili) oggetti sonori che maneggiano; a proposito, di chi sono i gargarismi sonori prodotti da un’ancia immersa nell’acqua della traccia numero 10?

In secondo luogo per il valore storico di queste incisioni: qui si anticipano tantissime idee in seguito sviluppate e sfruttate fino a consunzione da una pletora di contemporanei performers.

Con una precisazione però: in questa registrazione l’atto improvvisativo, anche quello apparentemente gratuito è frutto di un debordante, incontenibile, mai serioso ‘ricercare’ che punta alla creazione di una musica su più registri: né informale nè formale, non accademica, mai riduzionista, ‘ecologica’, a volte scopertamente giocosa ma sempre dotata di un certo pathos.

Così nella traccia che apre il primo dei due cd, nell’esilarante ‘call and response’ dei clarinetti sovraincisi, Brotzmann sembra interloquire con il fantasma di Eric Dolphy…

Voto: 7

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