Mouse Machine ‘The Complexity Of Lucy’

(Hazelwood Music/Goodfellas 2005)

I Mouse Machine sono un progetto abbastanza misterioso, sull’esempio degli evidenti maestri ispiratori Residents (citati soprattutto in Banana Man): nordeuropei di base germanica, Vincent Boule, Brian Diple e Luci Trouble – questi gli improbabili identificativi dei (probabili? possibili?) componenti del gruppo – si nascondono magari negli inquietanti/esilaranti becchini delle foto di copertina (che portano a spalla un “big fish” grande e surreale).
Musicalmente, alla elettronica “stramba” – con ampio uso di rumori meccanici e batterie sintetiche – di prammatica uniscono insospettabili aperture “classiche” tipo Penguin Café Orchestra (come nell’iniziale A-Rose, ingentilita dagli archi) ed una virile malinconia teutonica (magari proprio per una ragazza “perduta”? In To A Girl rintocca un pianoforte risonante), specialmente nel cantato. Rispetto a operazioni similari (vengono in mente i nostrani Larsen Lombriki) i Mouse Machine mostrano un maggior rispetto formale per le regole della forma canzone, che preferiscono minare dall’interno, con le armi dell’ironia (Minus One, Newton, la folle Happy Nerd) o di una garbata eccentricità (Tadpole, la sottile Last Walk).
A tratti sembrano gli Yello, senza troppa voglia di ballare (Enter, Senseless): il lavoro di arrangiamento di suoni di varia identità e provenienza ricorda un poco quello di Boris Blank (Carnivore), sebbene in “The Complexity Of Lucy” lievi tracce “techno pop” si possano rinvenire solo nella strumentale Fields Of D.. La traccia fantasma è un consistente – ed incongruo – pezzo rock.

Voto: 7

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