“Intherferenze Sonore”


Maath  24/03/2006 Forte Prenestino-Roma. Cronaca di un ascolto.

Di Marco Carcasi

grahgreen@yahoo.it

Seconda edizione per la rassegna “Intherferenze Sonore”.
Nella suggestiva sala da the del centro sociale Forte Prenestino un tavolo ingombro di elettronica varia, una chitarra in momentaneo riposo e due casse scalcagnate (che però non deluderanno!) sono cornice adeguata e sobria per i suoni pacifici ed incantatori che Maath ci porgerà benevolo di li a poco.
La rassegna “Intherferenze Sonore” giunge cosi al secondo anno di vita ed inaugura la nuova stagione affidandosi agli umori (mai cosi) lunari di Maath, fra deliziose fette di torta e fumanti tazze di the dai mille sapori riparte l’opera  indagatoria fra sonorità di matrice sperimentale.
Un percorso denso, il risultato di anni di oscuro lavoro, personalità artistiche che propongono suoni e suggestioni (anche attraverso metodi improvvisativi); svincolati dall’esigenza del facile ascolto.
La occupante dello spazio Lina ci accoglie, la sua tensione è evidente, non potrebbe essere altrimenti comunque; è una prima che diamine!
La sala comincia ad affollarsi, qualcuno si avvicina alla postazione audio studiandone la strumentazione con cipiglio interrogativo.
La prima tappa di questo viaggio nel suono sta per avere inizio.
Maath prende posizione, con elegante sfiorare di corde e roteare di valvole comincia un’opera di ridefinizione dell’ambiente circostante, lente volute di suoni ovattati che si muovono verso l’ascoltatore con intensa concordia
a formare più che un muro; una serie di vellutati livelli sonori da esplorare!
Diavolo di un Maath!
Ce lo ricordavamo su cd e dal vivo tenebroso e primordiale.
Questa sera pare abbia voglia di svelarci un altro aspetto della sua arte.
Ci conduce delicatamente lungo i bordi luminosi di sogno quasi Viridian Sun e scuola Hypnos, sfiora amorevolmente dettagli Cold Blue e dispensa prodigo attimi di stasi meditativa in odor di primi Main.
Presenza defilata e mani che corrono lungo corde e cursori, movimenti centellinati e sguardo consapevole; l’importante è lo spazio!
Un vortice delizioso ed inebriante rapisce i presenti, abile cesella spazi sonori dove l’inizio sembra in linea con la fine.
Un cane rumorosamente gioca nella sala, nessun fastidio, naturale compenetrarsi di suoni; la conformazione del luogo fa saltare lo schema musicista/ascoltatore.
Il suono si impasta e si contamina con la presenza umana; punx angolari dubbiosi osservano muti.
L’ascolto termina, nel tuo fisico, nei tuoi padiglioni auricolari, tangibile la sensazione di quello che Maath ti ha appena fatto.Con un volume quasi sconsideratamente moderato è riuscito ad imporsi, tra i fumi dei the e non solo, riempita l’aria senza possibilità di resistenza; chiude i canali del mixer.
La occupante dello spazio ora sorride soddisfatta, la tensione scomparsa; ne ha tutte le ragioni.
Lo spettro di Stalker nell’angolo fatica a dileguarsi……
Missione compiuta.