Adult Live

 

 

 

 

@napoli_27/1/2006. Musica Vietata Ai Minori O No?

 

Di Lucio Carbonelli

luciocarbonelli@gmail.com

Gli ADULT. sul palco sono in due, un terzo (un urticante chitarrista) se n’è andato da poco dopo un anno di collaborazione, e adesso sono rimasti un uomo, una donna. I loro vestiti tendono al nero, si accordano ai capelli. Quello che spicca sul jeans della tizia (Nicola, un nome proprio adatto a lei direi) è una cintura dotata di una grossa fibbia, un aquila d’acciaio, lei è magra, piatta e mascolina, i capelli incollati sul viso spigoloso; lui (Adam) ha gli occhialetti da nerd, lo sguardo fisso sulle scarpe, il ciuffo da sbandato new-wave, giacca e camicia bianca a completare la divisa da perfetto post-punk romantico.
Entrambi suonano le macchine, lei con una predilezione per gli effetti della voce ordinatamente ordinati in una casettina di legno self-made, lui più attento alla cura di moog, tastiere e drum-machine; poi c’è un basso occasionalmente suonato da lui, e naturalmente la voce, quella di lei.
Un duo perfetto, una coppia affiatata, adulti contro la mercificazione giovanilistica continuamente operata dalla maledetta Mtv, come spiegano loro stessi sul proprio sito.

Ed è incredibile quanta gente riempia questa sera il Duel:Beat: certo, fossimo stati a Londra, ma perché nò anche a Berlino, probabilmente si sarebbero viste molte più creste, molti più anfibi, chiodi, spillette, ma anche qui non si scherzava, al posto dei punk metteteci i dark (pardon, i goth) ed è fatta: nero e trucco ovunque, per non parlare di sigarette (!!!) e alcol.
Poco dopo le undici e trenta i primi grappoli ritmici iniziano a martellare le tempie, i suoni sintetici a farsi avvolgenti, e subito si scatena il delirio a bordo palco con addirittura accenni di un semi-pogo: gli ADULT. hanno un seguito a Napoli, e chi se lo aspettava. Ragazze che conoscono i testi a memoria, ragazzi in adorazione della robotica ma sorridente chanteuse… Questo più che incredibile è  quasi stupefacente.
E infatti poi si verrà a sapere che a fine concerto ci sarà una fantastica serata house ed ecco quindi spiegata la truzza folla? Mah, non del tutto, visto che la maggior parte dei concertari a fine concerto se ne andrà, in questo invogliati e scacciati anche da più che scollacciate PR che confidano all’orecchio che loro sono lì per “preparare la serata” (sic) e se quindi vogliono gentilmente lasciare i divanetti alla gente appena arrivata (più o meno l’una) venuta lì apposta. Come se noi non fossimo andati lì apposta?
Bah.

E del concerto, che dire?
Bello, questo sì… Ma anche sicuramente – come dire? – talvolta noioso: è risaputo che l’elettronica con la sua riconosciuta e ostentata ripetitività può esaltare, a mo’ di rito tribale, ma può anche stancare, nella sua eccessiva monotonia. Il problema di questo concerto, di questo gruppo, almeno live, è la voce: bella su disco, secca dal vivo, ma davvero fin troppo monocorde.
Nicola è carismatica, interagisce sul pubblico, a differenza del riservato Adam è più disponibile, colloquia, scende a cantare in mezzo a noi, a strusciarsi, redarguisce un fesso che durante il concerto parla al cellulare, a uno che gli chiede “More techno” risponde provocatoria “Is it your birthday?” e successivamente lei stessa chiede “Entertain me”, ma certe volte si ha davvero l’impressione che piuttosto che cantare non faccia altro che, espressione sofferta e sofferente, biascicare suoni e parole senza senso nel microfono tenuto vicinissimo alla bocca. E quindi quello che appare quasi evidente nell’ultimo lavoro del duo, appare del tutto lampante dal vivo: le canzoni sembrano tutte uguali.
Ma con questo non vogliamo certo dire che il concerto non ci sia piaciuto, anzi!
La musica coinvolge, scuote, esalta… È solo che magari il set sarebbe dovuto essere più concentrato e definito, meno lungo, un’ora stanca, tre quarti d’ora sarebbero stati più che sufficienti: è la lezione del (post-)punk questa, no? Tre accordi (che siano elettronici o elettrici è irrilevante) per un minuto e mezzo, tutto qui.
Va bene anche così però, sì, The Kills meet Suicide (qualcuno ha detto Siouxsie? gli immancabili Kraftwerk?) e, tra una Hand To Phone e una Nausea fino ad arrivare a una trasfigurata versione di No Tears dei grandi Tuxedomoon, il concerto scorre scuro e morboso, a tratti quasi hi-energy ma comunque parecchio wave, e a casa si ritorna soddisfatti, quanto basta.