Ola Bergman ‘The Satellite City’


(New Speak / Baked-Goods / Wide 2005)

Convincente l’esordio sulla lunga distanza dello svedese Ola Bergman per l’etichetta di casa (o addirittura di proprietà?) New Speak, inaugurata dallo stesso Bergman qualche anno fa e licenziataria di tutti i suoi lavori fino ad ora (eccezion fatta per lo split di esordio in casa Skam). ‘Satellite City’ riprende materiale già edito nei tre precedenti vinili, ne fornisce versioni differenti e aggiunge composizioni del tutto nuove, rendendo quindi più interessante un lavoro che tuttavia non risente affatto della sua natura piuttosto eterogenea..

È andato a scuola dai Boards of Canada (Pseudocarp e Haute Volta lo dimostrano) e ha studiato a memoria la lezione per orchestrare beat sincopati e melodie farcite in acido. Limma si presenta come un gustoso antipasto di quello che il resto del cd ci riserva, bassi profondi, un mucchio di sintetizzatori, poche e semplici note di tastiera a sostegno della melodia.

Memorie electro pop anni ‘80 che si fanno largo tra la classica struttura IDM e frequenti divagazioni glitch, perfettamente inserite a ringiovanire un suono altrimenti troppo scontato. Un po’ soundtrack da videogioco (Rubicon), un po’ ricerca di pezzi ballabili (Otra Vueta e Vulture’s End, già notata pure da Ellen Allien) senza mai allontanarsi troppo nelle due direttrici. Qualche curiosità la solleva un brano intitolato Panettone, chissà che il dolce non sia davvero fonte di inspirazione. E se la conclusiva Drivis II si fosse trovata in ‘Campfire Headphase’, ad esempio, staremmo a parlare dell’ennesimo successo firmato dal duo scozzese, mentre qui verrà più semplicemente segnalata come un ottima prova dell’ennesimo illustre sconosciuto (per adesso, almeno).

Ad uso e consumo dei djs più intraprendenti, come pure degli appassionati di sonorità elettroniche moderne, ma non troppo ricercate. Nulla di trascendentale, lo si è detto, ma un disco che centra l‘obiettivo, realizzato con cura, e per questo meritevole.

Voto: 7

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