La Menade

 

 

 

 

 

 

Di Mariagloria Fontana

Alma777@alice.it

Appena uscito (nonché recensito positivamente anche da noi) l’Ep d’esordio “Conflitti e sogni”, abbiamo incontrato la rock-band romana La Menade. In particolare Lucia, la batterista del gruppo, si è mostrata così gentile da rilasciarci un’intervista piuttosto interessante…à vous…

Da dove nasce il progetto “La Menade”? Raccontateci il vostro incontro sotto il segno di Bacco e la vostra formazione musicale.

Il gruppo nasce dalla volontà di Tatiana (chitarra e voce) e Tania (tastiere) di suonare insieme. Le due si conoscono da tempi della scuola e decidono di formare un gruppo. All’ inizio non c’era l’idea precisa di una formazione interamente femminile. Hanno conosciuto me (Lucia, batteria) per caso, tramite amicizie comuni, alla fine del ’99 e, nell’ ottobre dell’anno successivo, è entrata a far parte della band anche Cristina (basso, nonché mia sorella). Quindi, si può dire che La Menade nasca da una serie di fortunate coincidenze, unite al desiderio di realizzare un sogno musicale.

Come mai esordite con un EP, peraltro registrato al Red House Recordings, non sarebbe stato più incisivo un intero album ?

Prima di cominciare le registrazioni dei brani che poi sarebbero stati inseriti nell’ EP, abbiamo discusso su quale fosse la scelta migliore tra un album intero e, appunto, un EP. Abbiamo deciso per il secondo per tutta una serie di motivi: uscire con album richiede un budget piuttosto elevato, a meno che non si voglia fare le cose in modo meno curato e più approssimativo. Quindi, in una fase ancora “emergente” come la nostra, è stato preferibile uscire con un prodotto, magari “piccolo”, ma ben realizzato in ogni suo aspetto, concentrando quindi i mezzi a nostra disposizione sulla qualità, piuttosto che sulla quantità.

Quali sono le bands e le sonorità alle quali fate riferimento o che vi hanno influenzato?

Questa è la domanda che mi fa “tremar le vene e i polsi”! Sono costretta ad attaccare una filippica che non finisce più… La Menade è formata da quattro persone, con gusti musicali diversi, anzi, oserei dire anche antitetici tra loro. Le influenze, quindi non sono collettive (a parte qualche nome), ma del tutto individuali. Ognuna porta all’ interno del gruppo parte del proprio bagaglio culturale che va poi a fondersi con quello delle altre. Il risultato è l’ indefinibilità del genere della Menade e anche la difficoltà di rispondere in maniera esauriente alla tua domanda! Si parte dal rock degli anni ’70 che tutte apprezziamo, anche se ognuna di noi ne predilige un aspetto particolare: c’è chi ama il progressive (Camel, Emerson Lake and Palmer, King Crimson), chi preferisce le sonorità più “dure”che hanno fatto da apri pista al metal (Deep Purple e Black Sabbath) e chi invece è particolarmente legata alla creatività assoluta e un pò folle dei Led Zeppelin. C’è poi tutto il filone del metal, ma anche lì i gusti musicali all’interno del gruppo sono estremamente variegati, e spaziano dal power, fino ad arrivare al death più brutale. Poi, ognuna di noi, ha i suoi “amori personali” che possono essere la musica classica (tra tutti, Mozart, Bach, Listz e Chopin) e l’elettronica per Tania, la fusion e (soprattutto!!) Pastorius e i Weather Report per Cristina, la passione di Tatiana per Tool, System of a Down, Mars Volta (…in realtà nasconde un’insana mania per i Guns  ‘n’ Roses e per Slash…ma non dirlo a nessuno!) e i cantautori italiani di protesta (De Andrè davanti a tutti) per me.
Se però devo dirti un gruppo a cui ci sentiamo tutte legate allo stesso modo, questi sono i Metallica, perché rappresentano pienamente la nostra idea di band: quattro individualità che formano un tutto unico, una massa di suono che ti devasta.

Produzione, distribuzione, labels e Major. Voi avete partecipato al M.E.I., in novembre scorso. Dove collocate l’Italia, all’interno del  mercato discografico internazionale? Cosa andrebbe cambiato in questo senso in Italia?

Posso essere cattiva? Non credo che l’ Italia meriterebbe neanche di entrare in un’ eventuale classifica del mercato discografico internazionale. Ci sarebbe da vergognarsi per questo, se non fosse che ci sono tante di quelle cose per cui vergognarsi di essere nati in questo paese, che la situazione discografica passa decisamente in secondo piano. Adesso che mi sono sfogata, provo a risponderti in maniera un po’ più ragionata. In Italia esiste (e va ampiamente sottolineato) un sottobosco vivo e anche agguerrito, di etichette e artisti indipendenti e una manifestazione come il M.E.I. non fa che dimostrarlo. Il problema è che questa realtà viene costantemente relegata in secondo piano rispetto ad altre operazioni commerciali (nel senso più bieco e negativo del termine: commerciale, in sè, non è una parola automaticamente squalificante), che hanno come unico scopo quello di riproporre a un pubblico ammaestrato le solite cose ripetute fino alla nausea e allo sfinimento. Quindi, se potessi cambiare qualcosa nel mercato discografico italiano, di certo cambierei la scarsissima educazione ad ascoltare musica che ha il pubblico italiano. Anzi, andando più a fondo, cambierei la scarsa attitudine che hanno gli italiani alla cultura. Di certo, però, se tutto ciò che la musica italiana propone sono i soliti quattro cantantucoli ammuffiti, la responsabilità non è del pubblico che li ascolta. Come in tutti gli altri settori si ha il terrore folle di prendersi dei rischi, proponendo qualcosa di nuovo che, si dice, potrebbe “far scappare a gambe levate” l’ascoltatore medio. Ma qualcuno ha mai provato a chiedere al famoso “ascoltatore medio” se non desidera anche lui sentire un artista o un gruppo che finalmente, dopo il tanto sguazzare nella palude della musica italiana che tutti conosciamo, si azzarda a fare qualcosa di diverso? Io credo di no. Nessuno glielo ha mai chiesto.

La scena rock femminile è costellata di donne talentuose, ma il mondo del rock è tradizionalmente maschile e maschilista. Quali difficoltà avete incontrato essendo donne e per di più belle e brave?

Innanzitutto, grazie per il belle e brave… Anche questo (come la maggior parte dei problemi) è un problema di natura culturale. La tradizione, appunto, ha fatto sì che gli uomini dominassero la scena rock da sempre. Le donne hanno cominciato a suonare questo genere relativamente in ritardo rispetto ai maschi. Questo non perché non siano capaci, ma  perché, solo fino a trent’ anni fa, e anche più tardi, era inaudito che una ragazza prendesse in mano uno strumento musicale (che non fosse di natura classica) e ne facesse il suo mestiere. Agli uomini, invece, tutto è stato sempre concesso. E così, oggi, l’apparizione di un gruppo di sole donne è un fenomeno singolare, davanti a cui molti storcono il naso. La difficoltà maggiore, nell’essere donne e musiciste, è quella di abbattere i pregiudizi che ci circondano e ottenere una credibilità che non ci spetta di diritto, ma che va conquistata palmo a palmo e, in seguito, difesa con ogni mezzo. Ti faccio un esempio: quando un gruppo maschile sale su un palco si dà quasi per scontato che sia in grado di suonare. Per un gruppo di donne, a essere dato per scontato è l’esatto contrario. Va dimostrato, quindi, tutte le volte in cui ci si esibisce, che si è brave nonostante il nostro essere donne. Sul significato di quel nonostante, pregasi interrogare i nostri colleghi maschi!

Ci sono colleghe che stimate in Italia o all’estero?

Certo che sì: in Italia stimiamo da sempre la costanza e la determinazione ad andare avanti di gruppi come le Motorama e le Bambole di Pezza. Queste ragazze sono sulla scena da anni e ne hanno fatte (e subite) troppe per non avere la nostra stima. Poi, non vorrei dimenticare Carmen Consoli, Paola Turci e Meg. Dando un’occhiata all’estero, le donne che mi vengono in mente sono molto diverse tra loro, ma ognuna ha saputo dare il suo contributo ad una certa evoluzione del costume: penso a Bjork, alla sua geniale follia e personalità, a Courtney Love che ha saputo fare della sfrontatezza un’icona, a P.J. Harvey, dotata di un carisma eccezionale e di un’intensa creatività, ad Ani Di Franco e al suo eccezionale talento, a Tori Amos, capace di emozionare e di coinvolgere con la sua voce incredibile, alla stessa Madonna, simbolo di costanza e di grande capacità camaleontica, ma non posso non citare anche la immensa Janis Joplin (che tutte adoriamo!) e Patty Smith…Guarda, potrei andare avanti ancora a lungo, ma so già che non riuscirei mai ad essere del tutto esaustiva…

Cosa ne pensate della scena romana da cui provenite? Notoriamente la scena romana è prolifica nel genere hard-core ed emo-core. Credete che ci sia spazio per gruppi che non suonino hard-core, emo-core (vedi il successo ottenuto dai  capitolini Vanilla Sky) e, soprattutto, è una scena provinciale,esclusiva e chiusa verso i gruppi che non rientrano nelle cosiddette “cerchie” ?

Più che i gruppi Hard Core ed emo-core a Roma proliferano le cover band…( sì, anche…ma è storica la scena hardcore romana…n.d.a.) Chi propone brani originali è relegato in una nicchia in cui gli spazi per esibirsi sono pochi e mal gestiti. In questo senso, la scena romana è abbastanza provinciale. È difficile convincere il pubblico a uscire per andare a sentire dei pezzi che non conosce e band che ancora non si sono affermate, e questo a prescindere dal genere che fanno. Ed è quindi più facile per chi gestisce i locali dare molto spazio alle cover band specializzate, piuttosto che ai gruppi di musica originale. Certo, le eccezioni, come sempre, non mancano e con un pò di determinazione e fortuna, alla fine si riesce a suonare dal vivo con una certa continuità…

Ritengo che chi intraprende questa professione, oltre naturalmente ad amare la musica, come per ciascuna espressione artistica, sia un sano “esibizionista”. Altrimenti suonerebbe da solo in una cantina e non salirebbe su di un palco. Fra voi “menadi”, quando siete sul palco, sorge la competitività, un po’ di gelosia?

Non la vedo proprio come te: è ovvio che più che esibizionismo, per pretendere di avere qualcosa di interessante da dire, ci voglia un briciolo di presunzione. Tuttavia, credo che la musica, come qualsiasi altra espressione artistica, abbia senso soprattutto come forma di comunicazione. Suonare da soli in cantina fa venire meno quella che io credo io sia la natura stessa della musica: comunicare agli altri un pensiero o un’emozione. Per rispondere alla tua domanda, noi quattro siamo molto coscienti di tutte le nostre qualità e limiti individuali. La gelosia o la competizione tra noi non rientrano nel nostro modo di sentire o pensare. Abbiamo strutturato i pezzi anche in funzione delle capacità di ogni singolo componente e quindi la possibilità di emergere durante un concerto ce l’abbiamo tutte e quattro. Nessuna si sacrifica: è impossibile provare gelosia! Bel trucco, no?

Nei  vostri pezzi date molto peso anche alla parole. Un unico pezzo strumentale. Da dove nasce la cura delle parole?

Quando decidi di cantare in italiano, devi stare molto attenta a pesare e a misurare le parole. L’italiano è una lingua bellissima e difficile, ma è anche molto utile e chiara quando si tratta di esprimere concetti. Crediamo che la musica non sia fine a se stessa, ma serva anche a dire, se ci si riesce, qualcosa di importante, che possa arrivare a chi ti ascolta e, magari, farlo fermare un istante a riflettere. Ogni pezzo della Menade nasce da un’ emozione: il testo non è altro che la traduzione in parole di questa emozione.

Stilisticamente è ardito cantare rock in italiano( in parte, hai già anticipato la mia prossima domanda nella tua precedente risposta). Come mai questa scelta, avete mai pensato di cantare in inglese o è fra i vostri progetti futuri?

In realtà, abbiamo un paio di canzoni pensate e scritte in inglese che però non sono state inserite nell’ EP. Preferiamo comunque esprimerci nella nostra lingua.”Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo, lo sono”, diceva Gaber. È la nostra cultura, la nostra storia. Siamo consapevoli del fatto che stilisticamente l’italiano si presta con una certa difficoltà alle metriche rock, ma è una lingua splendida, potente, intensamente poetica. Credo che continueremo su questa strada.

Avete partecipato alla colonna sonora del film “Tre metri sopra il cielo”. Com’è avvenuto l’incontro e la collaborazione fra la Menade e il regista Luca Lucini?

Luca aveva appena finito di girare il film e anche la colonna sonora era quasi ultimata. Mancava solo un tassello: il commento musicale a una corsa di motociclette, che aveva bisogno di sonorità più aspre e dure rispetto al resto della colonna sonora. Ci ha sentito su Radio Rock, ha pensato che facessimo al caso suo e ci ha contattato. Scrivere un brano per un film, anche se breve, è stata un’esperienza bellissima e la collaborazione con Luca è proseguita anche per il nostro video. Speriamo che continui ancora, perché Luca Lucini ha un talento visivo fuori del comune.

Avendo la macchina del tempo di Ritorno al futuro, in quale decennio musicale vorreste suonare? con chi?

Personalmente, vorrei tornare negli anni ’70 e suonare, almeno una volta nella vita, con i Led Zeppelin. Per il resto, lascio la parola alle mie colleghe.
Cristina: tra la fine degli anni ’70 (dal ’76 in poi) e i primi anni ’80 con i Weather Report, non al posto di Pastorius, ma in un bel duetto con Jaco.
Tatiana: arduo scegliere…diciamo che potrei “accontentarmi” di una performance con i grandi Metallica del ‘Black Album’!
Tania: volendo proprio esagerare (e sperando che la tua macchina del tempo sia anche in grado di  donarmi un bel po’ di poteri magici…giusto con quelli!), mi tufferei nella seconda metà del 1700 per una sonata a quattro mani con Mozart!

All’estero la musica italiana è praticamente nulla, se si escludono prodotti biecamente commerciali e l’unico caso eccellente di ottimo alternative rock ad opera degli Afterhours, comunque sempre di nicchia.  Il pubblico italiano è pronto per l’ascolto di sonorità intelligenti? Ritenete che sia possibile sostentarsi economicamente facendo della musica la propria professione?

Certo che è pronto. Io sono convinta che il pubblico italiano non aspetti altro che poter sentire finalmente sonorità intelligenti. Nonostante quello che comunemente si crede, la gente non è una massa di pecore e se soltanto gli artisti validi avessero una certa visibilità, credo che venderebbero molti dischi a che avrebbero un gran seguito ai concerti. Per la seconda parte della tua domanda la risposta è: non lo so. Probabilmente, se si verificassero le condizioni che ho accennato più sopra, le possibilità di vivere di musica crescerebbero. Per il momento, credo che l’ unico modo di mantenersi facendo il musicista, sia quello di essere un ottimo turnista.

Domanda di rito o se volete puramente retorica.
A quando l’album?

Speriamo il più presto possibile. Ci stiamo lavorando già sopra. La priorità, adesso, è tuttavia promuovere “Conflitti e Sogni” e fare in modo che arrivi a più gente possibile, per creare appunto le condizioni necessarie a realizzare un lavoro più lungo e completo!

www.lamenade.com