Amari ‘Grand Master Mogol’

(Riotmaker/Wide 2005)

Con “Grand Master Mogol” gli Amari prendono consapevolezza della loro grande natura “pop”, oltre i generi e le possibili classificazioni. Perché Dariella (voce e chitarra), Pasta (voce, tastiere e discreta elettronica) e Cero (basso) sanno scrivere canzoni a presa rapida come poche/i – ascoltate Conoscere gente sul treno, Arte bruciante con coro hooligan annesso, Campo minato, Tremendamente belli, La prima volta ecc. – pochissime/i in Italia; inoltre gli arrangiamenti (a cui aggiungono suoni H.C. Rebel ai piatti, marcopiano alla chitarra ed ai sintetizzatori, Carletto Barakus e Enri Colibrio alle batteria) hanno un tocco originale e personale anche quando ricorrono a colori non nuovi, dati dall’hip-hop come dal tecno-pop (con Cero che si divide tra il funk e Peter Hook: sentire lo strumentale Un altro basso di polvere). In fondo, il gruppo friulano ha il pregio di suonare veramente “duemilacinque” (in questo la Riotmaker fa scuola, lo hanno dimostrato Scuola Furano e soprattutto Fare Soldi), senza rifugiarsi nelle comode vesti del citazionismo a tutti i costi e del barocco stucchevole: la chiarezza e distinzione dei loro ultimi pezzi è oltremodo battistiana.
Inizia Bolognina revolution, “incondizionabile la scelta dell’assenza” e discrezione da moderati perdenti; in Conoscere gente sul treno le rime incontrano il “nuovo ordine” di Manchester. Love Management ricorda gli Amari di “Gamera”, il breve strumentale Ho trovato il cuore d’oro ed Arte bruciante fanno tesoro dell’esperienza di Pasta nei Fare Soldi (comparare con Militari che gridano (ode 2 Tortoise) dell’ultimo CD). Campo minato è un hit non solo potenziale, come le successive, stranianti Tremendamente belli e La prima volta. Staccaboh è un attimo “dance”; Il vento del 15 gennaio è musica leggera di qualità, come la sa scrivere il loro conterraneo Andrea Sambucco. L’avvoltoio delle 3 finisce sonica, Venere non ritorna termina malinconica. Bravi.

Voto: 8

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