Ultraviolet Makes Me Sick ‘No Freeway, No Plan, No Trees, No Ghost’


(Urtovox / Audioglobe 2004)

Dopo un esordio che ha lasciato il segno (Soundproof, 2001), gli Ultraviolet Makes Me Sick sono tornati per spingere più in là il nostro labile equilibrio psichico e recidere i nervi che aveva sfilato penzolanti; sconquassati dal post-rock lisergico, nato dall’amalgama di chitarre lavorate ai ferri e dalla batteria jazzy che si srotola / riarrotola come un’insaziabile lingua camaleontica.
In quest’ultimo capitolo c’è una svolta sostanziale: il suono, più avvolgente, dalle movenze lente, scure nero metallizzato, ma di un’armonia disarmante, specie nelle composizioni cantate ( altro fattore inedito);la batteria è sempre pregevole, duttile e malleabile, affiancata in alcuni episodi da basso e basso fretless: balsamo per situazioni più intrecciate.
Soluzioni chitarristiche cristalline che hanno fairplay brasileiro; merito di cotanta meraviglia uditiva spetta alla post-produzione di quel diavolo di Fabio “Magister” Magistrali che con esperienza arricchisce di spazialità l’incisione. Buttarlo nel calderone post- rock sarebbe molto comodo, anche se le similitudini con gruppi che hanno fatto della lentezza un credo sono innegabili (Codeine, Rex), ma il non essere mai narco-circolari e le armonie mutabili li accosta di fatto ai Dirty Three, e per incontrollabilità melodica, e nel proiettare l’ascoltatore in suggestioni immaginose.
Qualitativamente sopra la media di uno standard in via di esaurimento innovativo, la sensazione è quella di sostare ad una tappa di un percorso artistico in continua evoluzione, rivelatosi una promessa mantenuta ed un futuro su cui scommettere.

Voto: 8

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Autore: danielecintio@hotmail.it