Small Jackets ‘Play At High Level’


(Go Down 2004)

L’ Italia, storicamente, non ha mai avuto una rilevante tradizione rock’n’roll.
Causa quegli accademismi e mummificazioni culturali che da noi hanno sempre prevalso, la critica per lungo tempo ha glorificato i piagnistei (presunti) poetizzanti dei cantautori o le evoluzioni classicheggianti dei gruppi progressive; mentre il r’n’r più viscerale, quello che ha la sua linea evolutiva in SONICS/Detroit sound/GRAND FUNK RAILROAD/ALICE COOPER/NY DOLLS/RADIO BIRDMAN e così via, è sempre stato snobbato o visto comunque come prodotto “low culture”.
Questa situazione, fortunatamente, ha iniziato a cambiare a partire dalla metà degli anni ’80 quando, grazie anche alla predicazione di riviste come “Rockerilla”, “Mucchio Selvaggio” e “Buscadero”, il più vivido r’n’r è stato rivalutato e un’intera generazione di “disgraziati “(me incluso) è stata allevata a colpi di BARRACUDAS, STOOGES, BLUE CHEER, CHESTERFIELD KINGS, JASON & THE SCORCHERS ecc..

Non è un caso che le radici sonore degli SMALL JACKETS risalgano proprio a quegli anni, agli storici REBELS WITHOUT A CAUSE per l’esattezza; uno dei primi gruppi (assieme ai piacentini NOT MOVING e ai BOO HOOS di Pesaro) che riuscì a darci, nei mid 80s, una valida sintesi di r’n’r , hard e suoni stoogesiani.
Gli SMALL JACKETS sono una grande band di autentico r’n’r e questo loro primo album non ha assolutamente nulla da invidiare alle più celebrate bands statunitensi o scandinave.
Immaginatevi un mix dinamitardo di HUMBLE PIE, BLACK CROWES, primi AC/DC, TEN YEARS AFTER, ALLMAN BROTHERS BAND, HELLACOPTERS, FRIJID PINK e MC5 ed avrete un’idea precisa del muro sonoro prodotto dalla band romagnola.
Le iniziali, ottime, Ranch’N’Roll e Tell Me Baby e l’instrumental Extra Milesrievocano direttamente scenari sudisti primi anni ’70; quel sound tipicamente “on the road” intriso di volontà di fuga e di libertà che si respirava nelle radio AM americane nell’immediato post-Easy Rider.
Molto valida anche No More Time , più vicina al classico rock blues di ARGENT o degli HUMBLE PIE.
Ma il vertice del disco si ha nella bellissima If You Stay,uno splendido lento ad ampio respiro, quasi zeppeliniano, che incide sulla pelle antiche sensazioni che credevamo essersi spente dopo anni di techno/Prodigy & company a dominare l’etere e intorpidire i cervelli .
Ascoltatela, ne vale veramente la pena.
A mio avviso una delle prove più convincenti del 2004.
E’ grazie a bands di talento come gli SMALL JACKETS che l’Italia non è più una semplice “provincia dell’Impero”rock come si diceva qualche anno fa.

info@smalljackets.com

Voto: 9

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Autore: powerpopss@yahoo.it