Shards ‘Laying Above The Rain (EP)’


(Autoprodotto 2004)

Non so se avete presente quando un gruppo suona per le prime volte, un gruppo messo insieme con annunci tipo “Cercasi chitarrista e batterista per completare gruppo rock (…) con influenze varie (…) telefonare ore pasti”. Ecco, quando si inizia così, che ne so, perché non ti piace giocare a calcetto ma invece strimpelli la chitarra e c’è un amico di un tuo amico che suona il basso ma che non ha un gruppo, i primi pezzi che si fanno sono coverine o giretti blues “tanto per suonare tra di noi”. Vabbè, sarà normale cominciare così (mah…), ma poi se la storia continua e non ci sono sconvolgimenti fra i membri della band (attenzione: da gruppo è passata a band, che fa più scena) nel senso che nessuno di loro comincia a prendere allucinogeni o più semplicemente nessuno fra loro viene fuori dicendo “hei raga, sentite che fighi ‘sti qua, com’è che si chiamano… The 90 Day Men… che cazzo vuol dì…??” o frasi similari, ALLORA la faccenda si fa più complessa (ma non più interessante) e ciò che ne esce sono canzoncine che (vorrei dire non fanno né caldo né freddo) perlomeno non hanno neanche una traccia di ispirazione; non voglio scomodare le divine Muse ma insomma…Tutto ciò lo dico per mia esperienza, dai lontani tempi del liceo (sigh!), e mi posso benissimissimo sbagliare.
Dopo questa allegra introduzione veniamo al disco in sé: dalle date dei loro concerti sembra siano di Torino o dintorni, ma il boom della musica “altra” piemontese di metà anni ’90 (Marlene, Subsonica…) non sembra averli toccati. Le chitarre, meramente brit-pop se elettriche oppure acustiche d’accompagnamento, rimandano più che altro a Oasis ovattati o Coldplay senza ritornelli che ti rimangono in testa. Ma la componente meno riuscita è senz’altro il cantato: un’inglese che fa molta fatica a star dietro a una musica peraltro semplice, e con una pronuncia che si sforza di dimenticare l’italiano e nonostante ciò lascia molto a desiderare (mi riferisco soprattutto alla prima, Steel o la terza Drealike dove ‘sto dream è diventato qualcosa tipo trim, o trink, boh!). La prima canzone all’inizio ricorda anche un po’ i marchigiani Luxluna (che in quanto a voce pure…), ma poi prosegue con quei colpetti di charleston che non c’entrano una cippa e ricorda più mia nonna che lava le stoviglie. Verso il quarto o quinto pezzo il tono si fa romanticone, ma io, che pure sono un ometto molto sensibile, no. Insomma penso sia un’uscita alquanto prematura per il gruppo, anche se si tratta di un EP. Speriamo di risentirli quando qualcosa sarà cambiato.

Voto: 3

Link correlati:Shardsonline