Morrissey ‘Under the Influence’

(DMC Records/Audioglobe 2003)

Autentico stillicidio temporale quello inflitto negli ultimi anni ai fans di una delle più grandi icone pop britanniche (ormai ‘americana naturalizzata’?) da problemi contrattuali e pubblicazioni esasperatamente posticipate.
Più che lenire l’attesa, questa pregevolissima iniziativa della DMC Records (che, dopo “Back to Mine”, inaugura una collana dedicata ai brani che hanno cambiato la vita ai musicisti in questione) ne aumenta per contro la spasmodica ansia. Se non altro per il suo caratterizzarsi come un vero e proprio tassello biografico irrinunciabile per tutti gli agiografi del nostro. Le note del booklet scritte di pugno dalla stesso Morrissey da questo punto di vista si rivelano infatti addirittura più gustose di quanto esce dal lettore e fanno assumere al dischetto la caratteristica del ‘provare per credere’ aggiuntivo.
Su alcune delle tracce presenti non credo occorra soffermarsi a lungo (tanto la Judy is a Punk dei Ramones quanto la forse meno ovvia Hey Joe di Patti Smith finiscono per caratterizzarsi come autentici pilastri di un immaginario più comune di quanto Mr. Snobish sembra preoccuparsi di tracciare in questi soli casi). Altre però si rivelano davvero illuminanti sia per i cosmonauti della psiche del Mr Smith che per gli ascoltatori ‘di passaggio’. Difficilmente può capitare di ascoltare nascosti gioiellini cajun come Saturday Nite Special dei Sundown Playboys, il (proto) folk-rockabilly di Charlie Feathers qui presente con One Hand Loose, la splendida e seducente ballad fifties mid tempo (There Goes) The Forgotten Man di Jimmy Radcliffe (non a caso precedentemente nei Fascinators) o infine la dinoccolata De Castrow di Jaybee Wasden capace di ricatapultarci in un jukebox sixties grazie anche agli scricchiolii da vinile inclusi nella registrazione. In generale nomi poco conosciuti ai più o comunque con quel sapore agrodolce da serie B che sembra veicolare di per sé un approccio mai disteso e rilassato da parte dell’autore del sampler, finanche verso le melodie sui cui proiettare i propri sogni o in cui riversare le proprie speranze (fanno parte di questa fascia gli Sparks con Arts & Crafts Spectacular o la strumentale Swan Lake dei Cats).
Accanto a queste sfilano poi invece ‘conoscenze di vecchia data’ per chi segue da tempo le gesta del Moz: Trash dei New York Dolls (coverizzata dal vivo da Morrissey in numerose occasioni), la straziante Death di Klaus Nomi (autore più volte utilizzato per gli show intros) o Great Horse dei Tyrannosaurus Rex (stupendamente sentita l’interpretazione di Cosmic Dancer di Bolan per chi la ricorda come B-side live del singolo “Pregnant for the Last Time”, nevvero?). Immancabile un brano di Ludus dell’amica Linder Sterling e una splendida outtake da “Desertshore” di Nico.
La bellezza di questo disco però resta appunto là dove tutto è partito. Nella personalissima idea che il suo compilatore ha del termine ‘musica pop’ perfettamente rappresentata dall’epitaffio del breve scritto di cui riporto la traduzione di alcuni stralci per i più pigri:

… i nomi degli artisti qui inclusi evocano un’atmosfera …perché essi erano (o sono) veri artisti pop. Il semplice suono dei loro nomi è potente come le loro opere… E’ il terrificante potere del vero artista pop, che sembra arrivare a sbocciare solo nell’ora della morte (come se la vita non fosse esattamente il punto).
Will I, too, die?

Nessuno si azzardi a chiedermi perché non ho tradotto anche l’ultima frase.

Voto: 8

Link correlati:DMC Records Page