Lucinda Williams ‘World Without A Tears’

(Lost Highway 2003)

Grande ritorno della singer-songwriter della Louisiana con un album molto bello, in linea con i
precedenti “Car Wheels On A Gravel Road” ed “Essence” ma con qualcosa in più che lo rende a mio parere un gradino sopra a questi ultimi due, forse perché più vario o forse perché più sentito dall’autrice, sta di fatto comunque che l’intero album presenta qualche diversità molto ma molto apprezzabile. Innanzitutto qui non troviamo grossi nomi come Roy Bittan, Steve Earle e Emmylou Harris come in “Car Wheels On A Gravel Road”, o grandi chitarre come i Charlie Sexton e i Bo Ramsey di Essence, troviamo invece un ambiente più intimo, più spontaneo, senza nomi di grido con Lucinda assoluta protagonista di una semplice rodata band di rock’n’roll dove la voce sempre più bella dell’autrice si presta alla perfezione sia per le sue inimitabili ballate sia per rock songs tanto semplici quanto coinvolgenti, tanto da creare un’atmosfera difficilmente riscontrabile in un album in studio. L’intero disco infatti è stato registrato in pochissimo tempo in una vecchia villa di Los Angeles adibita a studio di registrazione con un risultato finale che profuma di spontaneità feeling live e calore, gli unici veri ed insostituibili ingredienti del nostro caro vecchio amato rock, qui davvero unici veri protagonisti. La voce della Williams come ho già detto risulta ancora più bella, ruvida e carezzevole al tempo stesso: si trascina malinconicamente nelle ballate tipo Fruits Of My Labor o Words Fell, o incalza in maniera rabbiosa in Atonement una sorta di blues sporco e caustico che colpisce sin dalle prime note. Oppure ci sono brani più cantautoriali, quasi fossero dei moderni talkin’ vedi Sweet Side con un cantato finale a dir poco strepitoso, ed American Dream quasi sussurrata, mentre invece People Talkin’ è una road songs che in cadenze countreggianti evoca viaggi senza meta e senza fine. Bella anche Real Live Bleeding Fingers And Broken Guitar Strings dove Lucinda si tuffa in un rock molto seventies in cui l’atmosfera vintage è esaltata dalle poche sovraincisioni e la sensazione di aver registrato di “getto”, con spontaneità e naturalezza, ma nello spirito giusto, e cioè con sicurezza e con la facoltà (dote non comune) di “sentire” la musica come pochi, indice questo di una grande sensibilità artistica. Alla prossima Lucinda, convinti del fatto che anche in quell’occasione farai centro alla grande come stavolta.

Voto: 8

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Autore: letitrock@tiscali.it