Helmet ‘Meantime’

Enorme monolito nero noise-metallico. I Kathodikers si avvicinano intimoriti, lo toccano e poi…scrivono.

 

 

 

 

Non ce la faccio proprio a descrivere quello che rappresenta per me quest’album. Amo gli Helmet e in particolare ‘In The Meantime‘. Scusate ma non trovo proprio le parole…come si fa a descrivere la ripetizione, la scarnezza, l’essenzialità, la potenza, l’introspezione, l’ossessione, la genialità…che ne so quei riffs matematici, cerebrali, quel basso ingrassato, saturo, la voce di Page..quello che canta….anche il codice a barre in copertina è reso unico. Grazie.

Diego Accorsi

 


Un disco che si ferma al primo brano e mezzo (il mezzo è tutto merito del riff iniziale di Ironhead che ancora riesce a ‘suonare’ tutto sommato accattivante).
Il resto è completamente risibile: canzoncine che rovinano in motivetti funky degni dei (peggiori) Red Hot Chili Peppers (vedi Give It)…
Assoli metal che si inerpicano neanche Vinnie Vincent sa dove…. e cristosanto… la voce di Hamilton che su Unsung non la smette di squassarmi (con la q per educazione) i neuroni riportandomi alla mente il trauma del cantato di Ozzy Osbourne… ma l’avevate mai sentito ‘intonare’ prima di “Meantime” il nostro Page?
“Meantime” è irrimediabilmente l’inizio del declino della scena noise newyorchese, l’inizio di una patetica, consapevole opera di consolidamento da parte dei nostri della parola ‘Crossover’…
Se non lo tolgo immediatamente dal lettore e se non smetto di scrivere finirò per citare la Interscope a Strasburgo per crimini contro l’umanità….
Tornate a ogni pie’ sospinto a riascoltarvi “Strap It On”, e pregate con me per l’avvento di un nuovo disco totale come quello, se mai sarà possibile.

Mauro Carassai

 


E’ il disco della consacrazione del noise come movimento e come stile di vita/suono per i media giornalistici e per gli umani ascoltanti. Bello e terribile come un diamante grezzo in fase di ripulitura, che avverrà con “Betty”‘ estratto dal suolo duro del precedente “Stap It On”. Ha tutte le perfezioni e le imperfezioni del caso: i riff al posto giusto pronti per essere maniera, la voce che si è allenata a ‘parlare’, la struttura possente. Così è la vita, così è la musica.

Marco Paolucci

 


Un capitombolo. Quello che c’era di buono, buonissimo, in “Born annoying” (singolo) e “Strap it On”, si trasforma in ripetizione sterile, microcontaminata, decisamente poco stimolante. La bellezza del suono indefinito e metronomico di questi primi lavori viene svilita da una voglia di comunicativa che mostra i limiti di un discorso fin troppo lineare. Prima si era simboli di una nuova blank generation, gratuitamente rabbiosa e deliziosamente vuota, figlia di Glenn Branca e gioventù sonica, nonché spuma di un’onda noise ben lontana dall’infrangersi… ora, qui, si è GRANITICI, e tristemente poco interessanti!!
Uno dei loro primi successi.
Dimostrazione di come TUTTO si può svendere.

Luca Confusione

 


Helmet…più che dilemma sarebbe più appropiato associare il loro nome ad un blocco monolitico che, spingendo con tutte le forze, fino alle estreme conseguenze non riesce, a nessuna condizione, ad entrare (sarebbe più appropiato coinvolgere), nella mia persona.
Ho seguito i consigli di tanti (tutti!!!) di evitare l’approcio diretto con “Meantine” e di deliziare in primis la corrosiva ripetizione (mi sembra di aver capito…anzi ho la certezza dopo l’ascolto…’metronomici’!!) di “Strap in On”.
L’ho fatto…risultato?
Acciuffo e osservo il vestito grezzo che nasconde un passato in compagnia di Branca e di tutta quella feconda/strabiliante scena che pulsa a New York (amo questa città, con tutto il suo inquinamento), ma in fin dei conti non mangio noise a colazione, ne a pranzo…figuriamoci a cena.
Quindi giudicare quel gradino di differenza tra l’inizio, il mezzo, il dopo è cosa ardua…solo l’intuizione che un passaggio con il colosso (capito?) di turno abbia, inevitabilmente sgonfitato l’aria da tempesta a sereno vento di libeccio.

Sergio Eletto

 


Nonostante sia palesemente inferiore al ben più succoso “Strap It On”, nonostante si salvino una manciata di canzoni con le altre a reiterare le stesse quattro idee, gli stessi grigi riff, nonostante tutto…… ha avuto anche la malaugurata sorte di dare linfa vitale ad un intero esercito di tristi alfieri del nu-metal e del post-core……purtroppo!!!!!

Andrea Palucci

 


Ammesso e concesso che gli Helmet abbiano realmente ‘creato'(???) qualcosa di nuovo, non credo sia da ricercare in questo lavoro….sempre che riff ed assoli spesso di chiara matrice Heavy come a tratti il cantato, non siano ‘novità’ per qualcuno…..
Non conosco bene gli altri lavori della band, ma per “Meantime”, dal mio punto di vista, credo sia sufficente quanto sinora detto. Nient’altro che un buon disco di genere.

Mauro Pettinari