Jakob Dylan ‘Seeing Things’

(Columbia Records 2008)

Certo dev’essere difficile. Portare quel cognome, s’intende. Dylan. Eppure, il nostro Jakob, figlio del grande Bob e di Sara Lowndes (dalla quale l’autore di Like A Rolling Stone divorziò nel 1977), sia con i suoi Wallflowers, la band che fondò negli anni ’80 e con la quale esordì nel ’92, con un disco omonimo, è tutt’altro che un musicista dozzinale. Certo, difficilmente scriverà dischi come “Highway 61” o “Blood On The Tracks”, ma questo suo esordio da solista dopo la (momentanea?) separazione dalla sua band, prodotto dal “guru” Rick Rubin per la Columbia Records (che è anche la casa discografica di papà), è un album assolutamente piacevole.
Composto di undici ballate acustiche a cavallo tra folk, country e blues, “Seeing Things” rivela un’artista maturo (Jakob non è più un giovanotto: ha quasi quarant’anni ormai), perfettamente padrone del proprio talento. Certo, non di disco originalissimo si tratta; ma neppure di uno di quegli album fastidiosamente derivativi, in cui riconoscere l’antecedente artistico di una certa canzone è il gioco preferito dell’ascoltatore. Prima vengono i pezzi.
Valley Of The Low Sun, Everybody Pays As They Go, Will It Grow, I Told You I Couldn’t Stop, Something Good This Way Comes, Up On The Mountain e This End Of The Telescope sono altrettante carezze, imbevute di una tenerezza che a tratti declina in malinconia.
Disco di una preziosa semplicità, “Seeing Things” è perfetto per una serata invernale passata davanti ad un caminetto a sorseggiare del buon whisky.

Voto: 7

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