(Kill Rock Star/2002)
Comet che?! Uno passa tutto il tempo a spulciare riviste attentamente e a fare ricerche in internet per scoprire le migliori band, bramoso come un vampiro, sempre a caccia di nuove (e buone) vibrazioni visto che non si è mai abbastanza sazi, e poi quando arrivi per caso a mettere mani e orecchie su un disco del genere, che nessuno (o quasi) si è calcolato o ben più probabilmente di cui nessuno (o quasi) si è accorto, viene subito spontaneo ringraziare la buon’anima che te l’ha consigliato; oltre che gettare le succitate riviste al vento.
Era quindi molto doveroso conoscere questi Comet Gain, che avendo alle spalle già la bellezza di 2 album e un ep, non sono esattamente dei debuttanti. Meglio tardi che mai comunque: la band viene dalla Scozia e suona (ovviamente) dell’ottimo indie-pop. Ma non pensate subito e unicamente a formazioni come Pavement o Snow Patrol, perché nel loro calderone confluisce praticamente tutto, ma proprio tutto: dal northern soul, al garage, dal power-pop al mod. La cosa che più impressiona è la facilità e la semplicità con cui scrivono adorabili pezzi di 2 minuti e mezzo. I Comet Gain insomma sono signori che sanno comporre. E ovviamente sanno rielaborare la lezione dei Velvet Underground in maniera eccellente, e forse anche meglio (l’NME mi perdonerà) dei pischelli Strokes. Ascoltare un pezzo come ripped-up suit! per credere, dove è ben presente anche una sana componente garage così sixty, che in più occasioni (my defiance), sembra di avere a che fare con dei Make-up, giusto un po’ meno depravati, mentre in delle altre (rèalistes) con degli Who rispolverati a nuovo. Ma non solo rock’n’roll, anche tanto pop, di quello intelligente, che sa contagiare come fosse una filastrocca scema ma irresistibile (movies), o che semplicemente conquista con melodie mozzafiato (moments in the snow). Don’t fall in love if you want to die in peace, ad esempio, è quella canzone che invano, ci sarebbe tanto piaciuto ascoltare nell’ultimo Belle&Sebastian.
Raramente si incappa in un disco cosi perfettamente bilanciato e riuscito e altrettanto raramente si ripreme play cosi volentieri, non appena il disco termina. Fatemi, anzi fatevi un piacere, prima che i Comet Gain vengano risucchiati nell’oblio, appuntatevi il loro nome.
p.s. La band partecipa al tributo ai Pavement edito dalla bolognese “Homesleep records”, rifacendo Ann don’t cry. Si può cominciare la loro conoscenza anche da qui!
Voto: 10
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