Barbara Bonomi Romagnoli ‘Irriverenti e libere. Femminismi nel nuovo millennio’

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di Nicoletta Mandolini

nicoletta_mandolini@libero.it

Pochi termini, oggi come oggi, sono trattati con sospetto e circospezione come il termine femminismo. Al solo nominarlo al cospetto dell’interlocutore medio si rischiano reazioni di inconsulta fuga o, nei casi meno drammatici, di malcelato disagio; come se al posto dell’emittente fosse presente una vagina dentata vogliosa di evirare il maschio per imporre il matriarcato, un soggetto affetto da mania persecutoria intento a ravvisare discriminazioni come peli su un uovo o, peggio, una fanatica tristemente intrappolata nell’ormai vetusta gabbia delle ideologie. Ciò che l’interlocutore medio spesso non sa è che il femminismo oggi, lungi dall’essere un contenitore per passioni politiche fuori tempo, è uno spazio comune aperto a tutti coloro – donne, uomini, transgender – che vogliano oltrepassare i rigidi confini del genere ed adottare tutt’altro che pedanti pratiche comuni di liberazione e di autodeterminazione.

Sul tema del femminismo – o ancor meglio dei femminismi, come suggerisce il sottotitolo dell’opera – è da poco uscito un interessante resoconto firmato da Barbara Bonomi Romagnoli, attivista e giornalista di spicco nell’ambiente movimentista da circa vent’anni. Il testo, pubblicato per la collana Report di Editori Internazionali Riuniti, si intitola ‘Irriverenti e libere’ e si propone di gettare uno sguardo allo stesso tempo d’insieme e particolareggiato sul policromatico panorama delle esperienze femministe e queer che hanno attraversato la penisola dall’inizio del nuovo millennio ad oggi.

Il punto di partenza dello zigzagare di Romagnoli è costituito – e non poteva essere altrimenti, data l’importanza che questo evento ricopre nella storia recente dei movimenti italiani ed internazionali – dal G8 di Genova. Nella calda estate del 2001, il capoluogo ligure che ospitò gli otto potenti della terra e, sul versante opposto, il carosello variopinto di soggettività che in piazza portarono le istanze no-global del Genoa Social Forum accolse i laboratori politici di Punto G, un esperimento aggregativo che in Italia è risultato fondativo di un nuovo approccio alla questione di genere ed ha arricchito le istanze femministe attingendo dal coro di voci emerse dal buco nero del lavoro precario, dalle lotte Lgbtqi, nonché dal discorso sulla transcultura sopraggiunto con i flussi migratori. Punto G, spazio plurale in cui la globalizzazione è stata analizzata anche sotto il profilo della sostenibilità sentimentale e dei rapporti di forza che il tardo-capitalismo ha introdotto nella sfera affettiva – inutile, forse, ribadire che in ottica femminista il personale è politico – ha vissuto una seconda giovinezza nel 2011, anno in cui i movimenti sono tornati nei luoghi del G8 per ripercorrere le tappe di un cammino che da Genova li ha portati a disseminare pratiche di resistenza e di sperimentazione politica. Nel corso del decennio che ha separato il primo dal secondo Punto G, un’inquieta e difforme galassia di collettivi di derivazione femminista si è costituita a livello locale e nazionale aprendo non sempre longevi, ma di certo animati, spazi in cui l’agire politico si è contaminato con lotte d’autodeterminazione ulteriori rispetto a quelle del femminismo radicale della differenza che aveva caratterizzato il panorama italiano durante il secolo scorso.

Sono nate così, nel 2003, le Acrobate, sparuto gruppo di donne incontratesi presso i laboratori pratesi di Raccontar(si) che si occupa di interconnettere la tematica di genere e quella del precariato esistenziale. Ancora prima aveva preso vita nella capitale il progetto A/matrix, un laboratorio politico interessato a lavorare sul superamento degli stereotipi di genere attraverso la scrittura e impegnato in campagne giocose come “Il manuale delle galline ribelli”, iniziativa contro la legge del 2004 sulla procreazione assistita che considera l’embrione alla stregua di una persona. Di breve vita è stata l’attività di Facciamo Breccia, nato nel 2005 per riaffermare l’orgoglio transessuale e lesbico nella Roma del papato di Joseph Ratzinger e scioltosi nel 2013, alla dimissione dello stesso pontefice. Sempre le strade e i luoghi aggregativi romani hanno dato origine all’attivismo delle Cagne Sciolte, e al format politico della Ladyfest, manifestazione di liberazione queer che ha poi preso piede – dopo lo scioglimento del gruppo ideatore capitolino – anche in altre realtà della penisola. Spostandosi verso nord, Barbara Bonomi Romagnoli ha incontrato le Sconfinate, collettivo con sede a Romano di Lombardia, e la nebulosa di attivismo Lgbtqi composta da gruppi come Antagonismogay e Smascheramenti. Da non sottovalutare, poi, l’azione delle singole che, pur avendo un trascorso movimentista, sono emerse come punti di riferimento scissi dall’agire in collettivo: è il caso di Ella de Riva, nickname circolato in rete che si è occupato di questioni di genere con la sua irriverente rubrica di postELLA, oppure di Slavina, performer di postporno che sperimenta nuove pratiche di gestione della corporeità.

Irriverenti e libere non manca, infine, di citare l’esperienza di Sommosse, proposta di rete nazionale tramite cui coordinare gruppi e soggettività femministe che prese il via nel 2007 e sfiorì nel 2008 per lasciare spazio all’azione locale di sempre nuove aggregazioni ed esperienze

Link: Barbara Bonomi Romagnoli, Irriverenti e libere. Femminismi nel nuovo millennio, Roma, Editori Internazionali Riuniti, 2014