Rosi Braidotti ‘Il postumano’

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di Nicoletta Mandolini

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Rosi Braidotti si è oramai guadagnata un posto di tutto rispetto in seno al panorama filosofico internazionale. I suoi contributi, a partire dal noto ‘Nomadic Subjects. Embodiment of Sexual Difference’ che nel 1994 fornì al femminismo un appiglio imprescindibile per salvarsi dalla rigenerante ma rischiosa deflagrazione di matrice postrutturalista e postmodernista, riportano su un piano speculativo le sfide della contemporaneità più stringente e riplasmano il reale offrendo riflessioni sempre pregne di quel relativismo affermativo costitutivo di ogni pratica che possa dirsi al contempo filosofica e politica.

Pubblicato nel 2013 per la Polity Press di Cambridge, l’ultima opera di Braidotti, ‘Il postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte’, si è affacciata a inizio 2014 in Italia grazie all’attento lavoro editoriale della romana Derive Approdi. Prendendo le mosse dalle teorizzazioni femministe di Donna Haraway sulle biopolitiche del corpo cyborg – e non è un caso che proprio Braidotti abbia introdotto l’edizione italiana del ‘Manifesto Cyborg’ – e da quelle di Katherine Hayles che prima di lei ha introdotto il termine in ‘How We Became Posthuman?’, ne ‘Il postumano’ la filosofa è interessata a rimettere mano, e solo eventualmente ordine, alle categorie di umanesimo e di antiumanesimo che hanno coordinato l’attività del pensiero rispettivamente in epoca illuminista e durante gli anni recenti della decostruzione.

L’ideologia umanista fedelmente trasposta da Leonardo Da Vinci nel celeberrimo Uomo Vitruviano – sostanzialmente semplificata, binaria, universalista tanto da sfociare spesso nella pratica della civilizzazione imperialista, è ancora vigente – si pensi all’idea eurocentrica, ampiamente propagandata anche ai giorni nostri, del Vecchio continente come culla della ragione e della democrazia – ma risulta filosoficamente superata grazie al collasso del logocentrismo e all’irruzione nel sistema culturale occidentale delle teorie femministe, queer e postcoloniali.

Proprio l’antiumanesimo, di converso, è riuscito a demolire le presunte verità su cui la proteiforme teoria umanista si basa effettuando un blitz nella stanza dei bottoni, quella dove le dinamiche del potere vengono gestite tramite il ricorso a concetti, discutibili per il loro implicito assolutismo, come quello di Essere, quello di Verità e, chiaramente, quello di Umanità (tutte, non a caso, con la maiuscola). Il relativismo postrutturalista – dal quale Braidotti afferma di provenire e al quale spesse volte esplicita riconoscenza – ha gettato le basi per la critica delle dicotomie che affidano ufficialità alle sole pratiche egemoniche, avallando procedimenti escludenti nei confronti di categorie marginali o minoritarie: da qui il “divenire donna” di Gilles Deleuze e Feliz Guattari che Braidotti riprende ed estende alla teoria del postumanesimo con i suoi tutt’altro che fantasiosi inviti a divenire animale, terra e macchina.

Il tentativo della pensatrice è quello cogliere le tendenze in atto nell’epoca ipertecnologizzata che stiamo tutti, chi in maniera diretta chi indiretta, attraversando e riportarle sul terreno etico dell’azione politica in cui l’incontro con ciò che prima era l’altro l’animale e la vitalità terrestre opposti al raziocinio umano; il robot, il cyborg e l’ibrido transessuale considerati non-umani perché diversi, travalicanti i confini della cosiddetta naturalità – si fa mescolanza e diventa fertile esperienza del molteplice.

Ma il soggetto postumano teorizzato della docente di Utrecht non coincide con il soggetto postmodernista e nemmeno, a ben guardare, con quello decostruttivista. E’ piuttosto un soggetto vitalista e creativo che, cosciente della necessità di operare politicamente per evitare che i retaggi di umanesimo ed antiumanesimo o le nuove direttrici della postumanità si trasformino con l’ausilio del capitalismo avanzato in pratiche di potere disumane, fa proprio l’imperativo della collocazione di matrice femminista. Posizionarsi nel divenire di un’esistenza oggi più che mai multiforme è il punto di partenza per superare i meccanismi nuovissimi che travalicano la stessa analisi foucaultiana del biopotere ed attuano uno sfruttamento generico della vita (zoe) oltrepassando, spesso, le discriminazioni condotte sulla base di categorie individuali.

Perché la vita, dice Braidotti, è anche nelle sue variegate manifestazioni postumane qualcosa per cui bisogna impegnarsi, un’entità che “trascorre” disinteressata ai nostri desideri di possesso, un luogo da occupare “come si occupa uno spazio condiviso”.

Link: Rosi Braidotti, Il postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte, traduzione di Angela Balzano, Roma, Derive Approdi, 2014