Marlyn Manson ‘The High End Of Low’

(Universal 2009)

Quando, nel 2007, Marlyn Manson uscì sul mercato discografico con “Eat Me, Drink Me”, il pubblico si divise per lo più tra stupiti da un lato e delusi dall’altro. I primi non si aspettavano che Brian Warner (vero nome di questo blasfemo incrocio tra Alice Cooper e David Bowie) mandasse in stampa un disco così “cantautorale” – dove questo termine va inteso come sinonimo di intimo, giacché le tracce che lo compongono ruotano intorno alla sua separazione con la storica fidanzata Dita Von Teese e, più in generale, sono riflessioni su amore e morte; i secondi, invece, si convinsero che il Principe delle Tenebre si fosse ormai rammollito e non avesse più nulla da dire. Furono in pochi ad apprezzare la svolta di Manson – in verità più apparente che reale – e la vena rabbiosamente e disperatamente decadente di “Eat Me Drink Me”.
Con questo nuovo capitolo della sua discografia, “The High End Of Low”, composto di ben quindici tracce, il Reverendo procede lungo la strada tracciata da quel lavoro. Il risultato, tuttavia, gli è inferiore – nonostante la presenza di buoni brani come la tiratissima Pretty as a ($), un devastante industrial rock, la filastrocca psicopatica di Arma-Godd**n-Motherf**kin-Geddon (con tanto di assolo iperdistorto di chitarra), Blank and White, la sintetica Wow e le aggressive Wight Spider e Unlikable Monster. Tra i pezzi meno convincenti vanno citati, tra gli altri, gli “esperimenti” di Four Rusted Horses, in cui spunta una chitarra acustica che si lancia in un riff bluesy e soprattutto Running to the Edge of the World, un mid tempo acustico.
“The High End Of Low” non sarà ricordato come il disco migliore di Manson – affatto; ma è comunque un lavoro dignitoso, che testimonia la voglia del nostro di continuare a battere strade nuove.

Voto: 6

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