Bachi Da Pietra ‘Tarlo Terzo’

(Wallace Records/Audioglobe 2008)

Morte e solitudine, straniamento e distruzione. Queste le coordinate entro le quali si dimena il “Tarlo Terzo” dei Bachi Da Pietra. La nuova fatica del duo piemontese ha il sapore duro e grumoso dell’asfalto metropolitano in una tetra notte invernale. Un impianto essenzialmente blues contaminato da germi post-industriali, pulsante e vibrante, carico di tensioni oscure e sguardi magnetici, dominati da testi raffinati ed ermetici, che parlano di vita, religione, politica. Intingendo il tutto in un mare nero pece.

Servo apre il disco scandendo ritmi marziali e un canto inquieto come il Tom Waits più dark. Il battito pulsante della prima traccia man mano si trasfigura nella poesia techno-acustica Mestiere Che Paghi Per Fare. Tarlo Della Sete è un’ipnosi lenta e prolungata che si snoda sinuosa tra i viottoli di una città rigata di sangue. I Suoi Brillanti Anni ’80 racconta con piglio quasi trip-hop una sordida storia notturna di droga nel sottobosco urbano genovese. Con Lina si ritorna su sentieri più vicini al blues di Nick Cave, mentre Seme Nero scava nel profondo delle inquietudini più remote dell’Io trasfigurandosi in un sussulto che sa di desolata amarezza. Lui Verrà è l’invocazione rabbiosa a un Dio malevolo che scenderà in Terra a ripulire le sozzure del mondo post-moderno. Con Andata si sprofonda dal cielo agli abissi senza luce, mentre FBD (Fosforo Bianco Democratico) è una sarcastica invettiva politica contro i bombardamenti degli Stati Uniti in Medio Oriente. Il disco si avvicina al termine con l’intimismo lancinato e sconfortato di Dal Nulla Nel Nulla e muore con Per La Scala Nel Solaio, sottile inno alla mediocrità della vita urbana.

I Bachi Da Pietra continuano il loro percorso livido e striato di rabbia soffocata avvolgendolo in una fitta nebbia in fibrillazione. Un lavoro granitico, sprezzante, brulicante di vita violenta. Uno dei migliori dischi italiani dell’anno.

Voto: 9

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