Stevan Kovacs Tickmayer ‘Cold Peace Counterpoints’

(ReR Megacorp 2008)

Tickmayer è un polistrumentista, compositore e improvvisatore serbo di origine ungherese con alle spalle una nutrita serie di collaborazioni con prestigiosi colleghi quali, tra gli altri, Fred Frith e il mai abbastanza compianto Peter Kowald.
Questa sua ultima recentissima uscita presenta diversi punti di interesse: tanto per cominciare una musica ben bilanciata e un ensemble affiatato che interagisce col leader (che è accreditato ad una serie impressionante di strumenti, dal piano preparato all’armonium, alle tastiere, alle chitarre, al piano giocattolo, al contrabbasso, voci, allo zither ungherese e al computer), composto da Robert Drake (chitarra, basso, batteria), Pedja Milosavljevic (violino), Chris Cutler (batteria e cimbali), Djordje Delibasic (batteria campionata, voci).
Il lavoro consta di tre composizioni principali scritte nell’arco di un decennio: il Concerto Grosso, articolato in sei movimenti (composti tra il 1997 e il 2006), la title track Cold Peace Counterpoints (tre movimenti, 1997-2005) ed infine Five Bagatelles For A Polyhistor (cinque movimenti, 1995-2006). Ciò che colpisce positivamente è il voluto (e trovato) equilibrio tra tradizione colta, tradizione popolare, improvvisazione di stampo tipicamente europeo e sperimentazione elettronica, quest’ultima sapientemente dosata ad evitare pleonasmi e saturazioni che ne avrebbero banalizzato gli esiti. Non solo attraverso la musica, con fasi improvvisative concitate e percussive a fare da contraltare ai pianissimo e ai piacevolmente consueti languori mitteleuropei, ma anche con la scelta dei titoli, dai classici in italiano (Introduzione-molto nervoso, Sempre pulsato nel Concerto, Violin Ostinato nel secondo brano), alle reminiscenze del paese d’origine di Tickmayer (Passammezzo Ongaro II nel Concerto, due movimenti in lingua ungherese nel terzo brano), fino agli ossimori antico-moderni (Troparion nel secondo brano, Kazimir Malevich On Beach, The Brave Ventilator nel brano conclusivo, questi ultimi due ispirati a liriche del poeta-pittore ungherese contemporaneo Bada Dada), si pone in evidenza un retroterra assolutamente ricercato. Non manca anche uno scherzo musicale, Ott fogsz majd sirni (Crippled Tango n. 2), gustoso divertissement dal sapore vagamente zappiano.
Non è facile addentrarsi in una descrizione di questa musica e dei suoi innumerevoli ed improvvisi cangiantismi: l’ideale sarebbe ascoltarla ed apprezzarne le infinite sfumature. Un’ultima riflessione sull’elettronica: in questi ultimi anni, in cui l’elettronica la fa da padrona e si tende a farne uso ed abuso, eravamo ormai abituati a conoscerne e subirne la meccanicità e la troppo spesso eccessiva ciclicità. Ma gli strumenti elettronici possono insinuarsi ed improvvisare assieme a quelli acustici senza necessariamente sostituirsi all’elemento umano. Ascoltare ‘Cold Peace Counterpoints’ per credere.

Voto: 6

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Autore: belgravius@inwind.it