Foo Fighters ‘Echoes, Silence, Patience And Grace’

(RCA 2007)

La varietà non sempre paga. Ed un disco come “Echoes, Silence, Patience And Grace” ne è la dimostrazione più evidente. Intendiamoci: Dave Grohl non è mai stato un genio. Nei Nirvana il talento era Cobain. Tuttavia, con i suoi Foo Fighters, un paio di dischi buoni l’ex batterista della storica grunge band di Seattle li ha realizzati (l’omonimo esordio del 1995 ed il successivo “The Color And The Shape”, per la precisione). Da un po’ di tempo, però, il giocattolo s’è rotto, ed i nostri eroi hanno cominciato a ripetere stancamente quella formula che traveste melodie smaccatamente pop con l’energia sonora del grunge. Il declino è cominciato con “One By One”, è proseguito con “In You Honor” (equamente diviso tra pezzi rock e ballate acustiche) e con l’unplugged “Of Skin And Bones”, che ha messo in evidenza tutta la pochezza del songwriting di Grohl.
Questo “Echoes, Silente, Patience And Grace” ha pochi punti a suo favore. Uno di questi è, si diceva prima, l’eclettismo: la band passa dal rock tirato di The Pretender (il pezzo migliore della raccolta, semplice ma efficace), alla ballad pianistica Home, in cui Grohl gioca a fare Paul McCartney (con risultati non disprezzabili, a dire il vero); nel mezzo, la blueseggiante Summer’s End, lo strumentale folk di The Ballad Of The Beaconsfield Miners, Statues (ancora un omaggio a Paul McCartney) e qualche altro pezzo di rock finto arrabbiato (Erase Replace).
Se oltre all’eclettismo, alla voglia di cimentarsi con generi diversi, ci fossero state anche le capacità, il talento, “Echoes, Silence, Patience And Grace” sarebbe stato un grande disco: così non è. Piuttosto, ci si trova di fronte ad una manciata di canzoni prive di nerbo, noiose, vuote, stanche, di cui tra qualche mese ci saremo tranquillamente dimenticati.

Voto: 4

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