Michael Gregorio ‘Critica della ragion criminale’

Il mito e il marketing…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di AldoPiergiacomi

aldopiergiacomi@libero.it

Critica della ragion criminale
Michael Gregorio
2006 Einaudi – Stile libero BIG
trad: Mario Marchetti

Sono uno di quelli che del liceo ricorda ancora con piacere le ore di
filosofia… l’interesse era venuto ancora prima di iniziare le lezioni già solo
all’idea di poter studiare una materia nata per capire meglio il nostro
pensiero… va da se che dopo l’iniziale passione per “i greci” il mio mito non
poteva essere che Kant (!) anche se purtroppo sono già passati diversi anni
ricordo il fascino di studiare qualcuno aveva tentato di descrivere il nostro
modo di pensare in maniera non solo quasi completa ma soprattutto convincente.

Credo che le premesse di Micheal Gregorio siano state più o meno lo stesse e da questa passione gli sia quindi venuto in mente di immaginare come sarebbe stata la vita del filosofo magari anche alle prese con i misteri di un giallo…

Prendendo spunti dalla letteratura di genere allora ne è nato un Kant al culmine
della notorietà ma affaticato e forse più nemmeno tanto lucido, che come un
vecchio Sherlock Holmes cercava di aiutare un giovane e angosciato nuovo
procuratore nelle indagini su efferati e misteriosi omicidi…. e così come per
magia nasce una proto polizia scientifica che nella scelta maniacale di ‘seguire
la logica’ si preoccupa (fra l’orrore di molti) di conservare e controllare
cadaveri, tracce e reperti…

Basta aggiungere elementi come: una città della germania prussiana ghiacciata da
un terribile inverno e spaventata per la probabile prossima invasione
Napoleonica, l’ormai inevitabile scontro fra le innovative idee illuministiche
(anche con le loro contraddizioni) ed il tradizionale mondo degli spiriti e del
diabolico… insomma tutte le premesse sembrava adatte per tenere alta
l’attenzione su un romanzo da gustare tutto d’un fiato…

Ed invece (perchè purtroppo a volte c’è un “invece”) dopo un pò ti prende la
delusione. i protagonisti sembrano girare in tondo (ed anzi a volte sembrano più
che sempliciotti e non illuminati come dovrebbero) il demonio se all’inizio non
fa nemmeno paura dopo un po’ non rimane che una semplice speranza … la storia
privata così tanto angosciante alla fine si risolve in un nulla di fatto…

Perché tutto implode in un nulla senza senso e tutte le promesse naufragano
arrivando a frequenti autocontraddizioni. Ne è un esempio quello del
protagonista che invece di venire “soggiogato” dal male (come in più punti viene
anticipato ingannando per tentare di catturare l’interesse del lettore…) alla
fine non solo trova una specie di happy end ma anche il modo di pulirsi la
coscienza dei suoi vecchi peccati…

E si deve aggiungere che dopo più di 300 pagine passate a fidarsi del metodo
scientifico come unico strumento adatto a scoprire il come e il perché degli
omicidi lo si abbandona proprio nel finale facendo rimanere tutto sospeso e
senza una spiegazione chiara…

Ma in conclusione, se non è solo per vendere qualche copia in più, perché
trattare così il povero Kant? Descritto come un idiota maniaco delle sue manie
che forse, a leggere bene fra le righe del testo, deve le sue idee ed i suoi
scritti più allo zelo ed alla devozione dei suoi servitori che ai suoi talenti
di pensatore… (?)

Si può pure rovinare un libro con un finale deludente ma non si può, per un
semplice espediente di marketing, infangare il ricordo di un mito della
giovinezza…