Bonnie ‘Prince’ Billy ‘The Letting Go’

(Drag City 2006)

Will Oldham, vero nome di Bonnie “Prince” Billy, è uno degli eroi della scena alt-folk emersa nell’ultimo decennio. Le sue composizioni raffinate, intimiste e sofferte si muovono nel solco tracciato da figure leggendarie come Bob Dylan, Neil Young, Johnny Cash e Nick Drake; Oldham, di suo, ci aggiunge la passione per il post-rock: non è un caso che il uso ingresso nel mondo della musica sia stato come autore della fotografia che campeggia sulla copertina del celebre “Spiderland” degli Slint, padri putativi del genere e, come il nostro, originari di Louisville.
L’esordio musicale vero e proprio (se si eccettua una parentesi senza tracce negli sconosciuti Box Of Chocolates e Sundowners) avviene nei Palace Brothers, coi quali incide “There Is No-One That Will Take Care Of You” nel 1993 e, l’anno successivo, “Days In The Wake”. Una serie notevole di cambi di formazione e di nome prelude all’esordio solista come Bonnie “Prince” Billy, alter ego per eccellenza del cantautore. Sotto questo pseudonimo Oldham, personaggio tra le altre cose estremamente prolifico, ha prodotto almeno due capolavori, “I See A Darkness” (1999) e “Masters And Everyone” (2003); “The Letting Go” segue, invece, le collaborazioni con Matt Sweeney (Chavez, Swan) e i Tortoise, che hanno dato alla luce rispettivamente “Superwolfe” e “The Brave And The Bold”, entrambi datati 2005.
I tredici brani che compongono questo nuovo capitolo della discografia del menestrello di Louisville si nutrono dell’intreccio tra delicati arpeggi di chitarra acustica ed eleganti orchestrazioni; la suggestione dell’insieme è accresciuta dall’interpretazione volutamente pacata di Oldham cui si affianca e si sovrappone la vocalità eterea e cristallina di Dawn McCarthy dei Faun Fables. Brani come l’emozionante Strange Form Of Life, il delicato carillon acustico di Wai, Cursed Sleep (che ammicca a Jeff Buckley), le malinconiche Big Friday e I Called You Back o la spettrale God’s Small Song costituiscono altrettanti grani di un rosario romantico ed intimo, riflessioni filosofiche dolenti e passionali sulla vita, l’amore e la morte.
Con questo “The Letting Go”, insomma, Bonnie “Prince” Billy non avrà fatto il disco della vita, ma la qualità c’è tutta e si sente.

Voto: 7

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