Tim Berne’s Hard Cell Trio ‘Feign’

(Screwgun/Ird 2005)

Ecco il cd perfetto per chi desidera conoscere l’immaginifico cosmo musicale di Tim Berne, musicista tra i più influenti nel panorama del jazz contemporaneo.

In “Feign” troviamo infatti compendiata tutta la sua arte di strumentista e architetto sonoro diluita in sette esplosive tracce che, senza tanti giri di parole, coinvolgono, trascinano, entusiasmano!

Il trio Hard Cell è costituito oltre che dal leader al sax contralto, dal pianoforte di Craig Taborn e dalla batteria di Tom Rainey: se Berne si è imposto con costante progressione dagli anni ottanta fino ad oggi, Taborn è un giovane talentuoso tra i più presenti nell’odierna scena avant-jazz (collabora assiduamente con Roscoe Mitchell, Steve Coleman, Wadada Leo Smith, tra gli altri), capace, nelle mutevoli sequenze che caratterizzano questo cd, di far letteralmente esplodere la sua fantasia di improvvisatore.
Drummer formidabile poi è Tom Rainey, instancabile macinatore/sovvertitore di ritmi abilissimo nel passare da ruvidezze rock a morbidezze timbriche degne di un Paul Motian.

Inutile ribadire come ogni piega della musica di Berne sia immersa nella storia del Jazz: l’acida allusività di Julius Hemphill, i labirinti di Steve Lacy, l’acuminato candore di Jimmy Lyons e, perché no, il tematismo tentacolare di Anthony Braxton. Il tutto poggiante su strutture aperte a lunghi sviluppi, in cui ai tre protagonisti è richiesta la massima coerenza nell’offrire contemporaneamente contributo solistico e paritario dialogare.

Ecco un esempio: ascoltate lo “sdoppiamento” di Taborn nelle sequenze conclusive di Mechanical Failure , laddove la ripresa del tema, progressivamente disegnata dalla mano sinistra nel registro grave del pianoforte, è guastata, rimandata, dalle scorribande della mano destra: questa è impegnata a sua volta in un fitto dialogo col sax (che già cita la melodia del tema) e la batteria: ecco finalmente la ripresa liberatoria, in unisono perfetto, come memoria riemergente delle esposizioni bop.

Nel suo distendersi attraverso lunghe sequenze, la musica del trio è pervasa da una continua tensione, trovando segnatamente nelle fasi di elaborazione dell’articolato materiale tematico la sua forza maggiore: quella di avviluppare l’ascoltatore in un arduo, ma alla fine, avvincente percorso dove ogni particolare, anche quello apparentemente estemporaneo, ci parla del tutto.

Un disco, in definitiva, che dice cose importanti del jazz di oggi e di domani.

Voto: 9

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