Damon Holzborn ‘Adams & Bancroft’

(Accretions, 2004)

Dopo avere parlato del disco di Robert M, ancora filiazioni Trummerflora in questo lavoro di Damon Holzborn che mette da parte la chitarra per posare le sue mani sul laptop (ovvio, no?). A differenza di Montoya che con il suo oscuro e fangoso mix di industrial, dark ambient e minimal techno, forgiava strutture tutto sommato abbastanza convenzionali, legate tra di loro da ritmiche mutanti ma dotate di forte coerenza melodica, il suo collega decide di seguire una strada molto più accidentata che rifugge ogni tentativo di risultare accomodante. Purtroppo però non sempre avventurarsi per percorsi impervi conduce alla scoperta di tesori, ed è questo il caso della direzione seguita da questo disco che sembra procedere alla cieca, senza seguire un progetto definito. Messa da parte qualsiasi pretesa di musicalità, l’album propone una collezione di frattaglie sonore variamente assortite ma assolutamente prive di struttura e di svolgimenti realmente interessanti, non lasciando intravedere una trama che trascenda i singoli, piccoli, gesti acustici. Si susseguono scariche noise, manipolazioni di field recordings, giochini simil synth, reiterazioni minimaliste e quant’altro, ma alla fine rimane veramente poco, forse solo la fastidiosa sensazione di aver ascoltato non un’opera compiuta ma una sorta di sketchbook, di esperimenti sonori a base di Supercollider o simili accumulati tra i solchi di un hard disk e adesso frettolosamente proposti tali e quali in sequenza.

Voto: 5

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