Wong Kar Wai ‘2046’

Kathodik, Il Cinema Ed Un Nuovo Collaboratore.Quando L’Amore Si Fa Tristezza E La Tristezza Diventa Lacrima.

 

 

 

 

 

 

 

Di Lucio Carbonelli

lucio.carbonelli@aliceposta.it

 

2046 non è un semplice numero né tantomeno solo l’anno in cui Hong Kong sarà definitivamente affrancata dall’Impero Britannico, 2046 è un luogo dove passato e futuro s’incontrano: è lì, nel futuro più lontano, dove si va alla ricerca del passato più remoto.

La stanza 2046 è dove si ritrovano i ricordi che si credevano persi e con essi rispuntano le illusioni future, 2046 è dove vengono messi in scena i frammenti di un discorso amoroso, 2046 è ipnagogico insieme di lussureggiante suono e lussurioso colore che non lascia molto spazio alla razionalità. D’altronde qui si parla di sentimenti, e come procedere all’esatta descrizione di questi? Lo scrittore bravo può avvicinarsi, tentare di raccontare ciò da cui è mosso il cuore, ma descrivere la materia dell’amore è cosa assai difficile.

La lingua dell’amore, anche se universale, è talvolta incomprensibile, non si capisce, una persona innamorata risulta spesso aliena agli altri: non a caso una delle amanti di questo film si esercita a parlare la lingua con cui comunicare col fidanzato lontano, lingua che per chi le sta accanto è solo suono indistinto e anche fastidioso, è un caso che si tratti del giapponese, in realtà (?) quella è la lingua dell’amore, lingua misteriosa per definizione.

Però, quello che tenta di fare questo film, è proprio questo, parlare d’amore: questo film non è una storia d’amore – come ha più volte precisato lo stesso Kar-Wai – ma proprio una storia sull’amore.

Il protagonista di questo film sembra proprio lo stesso del precedente In The Mood For Love, ma è proprio così? È molto più cinico e disilluso, quasi un bastardo, ma forse solo perché ha mancato l’amore della sua vita (quello del film precedente?) ed è consapevole di non poter tornare più indietro; adesso è uno scrittore, è lui che racconta la storia, anzi le storie, una storia per ogni donna amata: sta scrivendo un romanzo di fantascienza chiamato 2047, romanzo che parla d’amore, inutile dirlo, e intanto ci racconta le storie che ha avuto con varie donne e alla fine non si riesce a capire se ci sta raccontando della sua vita oppure è tutto solo un frutto della sua immaginazione. Ma è così importante saperlo?

Quello che colpisce nella vita di quest’uomo poi, è la quasi totale assenza della dimensione temporale presente: egli o ricorda il passato o scrive il futuro, come se il presente fosse totalmente occupato dalla nostalgia, che sia qualcosa di già accaduto (o qualcosa di non-accaduto e perciò rimpianto) o qualcosa che deve ancora accadere non ha importanza. E allora ecco apparire i ricordi, ricordi di vigilie di Natale quando tutti hanno bisogno di più calore, ricordi che sono sempre bagnati di lacrime; e poi i segreti: lettere segrete passate attraverso il muro così come nel passato, quando volevi che nessuno sapesse del tuo segreto, andavi in un bosco, facevi un buco in un albero e ci sussurravi dentro il tuo segreto, richiudendo poi tutto con del fango… e nel futuro?

Nel futuro non cambia nulla, perché l’amore continua ad esistere, a far soffrire, per ragioni che possono sembrare differenti ma sono sempre uguali: perché lei non mi risponde? È perché non mi ama, o perché le sue sono emozioni differite? È perché è un androide e un giorno finirà?

Ma perché questa nostalgia, questa tristezza? Qui infatti, rispetto al precedente film di Kar-Wai, l’amore è vissuto, fino in fondo, certo amore non corrisposto, ma tuttavia amore nel senso più fisico del termine: come se l’amore, dalla poesia del non-vissuto, sia alfine caduto sulla terra, a bagnarsi di tutti gli odori e gli umori degli amanti. Amore non più delicato ma consumato e bruciante… amore felice?

Kar-Wai ha dichiarato che non racconterà mai storie di amori felici, sarebbero noiose, e infatti in questo film capita spesso che l’inquadratura sia occupata per metà da un uomo o da una donna, più spesso da una donna, e nell’altra metà non ci sia nulla se non il vuoto, come a dire che alla fine si resta sempre irrimediabilmente soli.

Unrequited love quindi, amore non ricambiato e perciò sofferto e doloroso piuttosto che amore felice: quando l’amore si fa tristezza e la tristezza diventa lacrima.

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