indie rocket concerti > primavera

Xiu Xiu, Chevreuil, The Death Of Anna Karina, Chris Brokaw..

Finalmente dopo settimane di tribolazioni, un computer dal quale mandare un po di news  (locali e nazionali).
Mi scuso con tutti quelli che aspettavano mie notizie, saluti, proposte, info e dettagli, purtroppo psiche e tekne ultimamente non vanno molto daccordo.
A presto
Paolo
http://www.8records.net/rocket
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A Pescara presso il Club Zone ex bacab Mercoledì 31 Marzo VELMA www.velma.ch

I Velma sono un trio svizzero (di Losanna), formatosi nel 1996: Cristophe Jacquet (voce), Christian Garcia (chitarra ed electronics) e Stéphane Secchione (batteria). Acclamati dalla critica come una delle migliori realtà musicali in fatto di contaminazione tra sonorità elettroniche e acustico-elettriche. “Quella dei Velma è una musica che si avvale, sì, di loops, sampling, certosine rielaborazioni in studio, sottili stratificazioni di noise e drones, riverberi e saturazioni gestite come polpa malleabile e manipolabile, ma dentro un corpo sonoro di ‘rock’ sfilacciato e ormai considerato impossibile…” (Blow Up Marzo 2002)

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INDIE ROCKET FESTIVAL corsi e ricorsi di musiche altre  @ PESCARA
C/O PATTINODROMO Comunale (Via Maestri del Lavoro d’Italia – Zona Colli – Gesuiti)
SABATO 3 e DOMENICA 4 APRILE dalle 17.00 alle 2.00
SABATO 3 APRILE ORE 17.00

NED Lyon, Francia. SK Records

HONEY FOR PETZI Lousanne, Svizzera

CHEVREUIL Nantes, Francia. OTTONEKER / RuminanCe Records

THE DEATH OF ANNA KARINA Italia, Heroine Records

NEW BLACK  + Guest. Chicago USA Thick Records 

A seguire dj set di EML from Planet Screamadelica + Andrea Ferrara e Altri (elecro post punk new wave)

 

DOMENICA 4 APRILE ORE 18.00

last minute > si aggiungono i WINTER BEACH DISCO da Viterbo > purtroppo pare che i To THE ANSAPHONE si siano davvero sciolti !!!

LAURA VEIRS Seattle, USA, BELLUNION Records

NEPTUNE USA

CHRIS BROKAW  USA

ULAN BATOR   Italia / Francia

 

 

Un ponte fra Chicago e l’Europa unisce quattro tra i gruppi più interessanti della scena post-rock europea e statunitense. Un filo conduttore che li lega, L’Electrical Audio di Chicago, studio di registrazione ambito da centinaia di musicisti nel mondo e un produttore ormai diventato di culto, Steve Albini. Chevreuil e Honey for Petzi registrano all’Electrical Audio con Steve Albini, nel 2002, i New Black nel 2003 con Greg Norman sempre all’EA.  Aprono la serata i NED formazione di “noise’n’roll sofisticatissimo e immensamente ricercato. Non – assolutamente – facile. Intricato, zigzagante, fitto di trovate anti – musicali, nessun pudore. Ned come un gradino di ricerca sopra il “molto”. Articolazioni schizoidi, pasticci elettronici rilevanti, chitarre mozze e grooves stranianti. Modulazioni sincopate, cacofonia ma con misura, la fantasia sul vessillo del plotone schierato in cima alla collina. I Ned sbandieratori di cose nuove; musica (come spesso dovrebbe, ed invece no) quale suppellettile data, da smontare e rimontare diversa, cosicchè sia più bella ed acquisisca la personalità propria e peculiare delle mani che vi hanno operato sopra”. Seguono gli HONEY FOR PETZI, già approdati alla Biennale di Venezia e collaboratori della videomaker, regista ed artista svizzera Emmanuelle Antille, per la prima volta in Italia. CHEVREUIL “Ingegneri decostruttori” di suoni. La loro esibizione è una performance artistica in tutto e per tutto,  la camera sonora formata da un perimetro immaginario di amplificatori per chitarra, quattro, custodiscono e creano al contempo le architetture sonore in bilico tra rock e rimandi di elettronica ambientale.Come un post-moderno direttore d’orchestra il chitarrista campiona in continuazione loop che creano atmosfere magiche che fanno pulsare il cuore della “stanza”, la batteria di Julien Fernandez che pompa sangue e al contempo lotta per dare un senso al tutto. Uno spettacolo tra Musica, Ingeneria ed Arte contemporanea, da non perdere. Chiudono la serata The Death of Anna Karina, una tra le più interesanti band italiane più interessanti nel panorame post hardcore, tre tastiere due chitarre, batteria basso e voci … un’orchestra postmoderna, cupa ed estrema. E a seguire i New Black, nuovissima formazione di Chicago, che riporta il tutto su atmosfere più Post-Punk, Garage Rock per fan di Devo, Yeah Yeah Yeahs, !!!, Q And Not U, Sunshine … i ragazzi hanno anche bisogno di ballare… Laura Veirs, con il suo avant folk rock riporta pace nella sala, con un piede nelle ballate tradizionali e uno nel trascinante mare dell’indie, punk, country e jazz, ha trovato un luogo immaginario dove posarsi, tra il paesaggio americano e l’alternative country.  La Veirs porge un ampio campionario di folk songs leggere e melodiche, con appena un’ombra di malinconia. Gli americani NEPTUNE suonano un Art Rock noiseggiante, incidono per MISTER records e vivono stabilmente a Boston. La caratteristica della band è che costruiscono da loro non solo tutte le canzoni, ma anche tutti gli strumenti, grazie all’instancabile lavoro di Jason Sanford chitarrista e scultore. Sanford utilizza tutti materiali industriali reciclati, scrivono di loro: <<fabricates large, heavy, and menacing looking instruments that have an evident history as  circular saw blades, gas tanks, oil drums, bicycle parts,  VCR casings and miscellaneous scrap ephemera.  These creations, which resemble “Everything from torture devices to a Duchamp installation” (Nashville Scene), are only part of Neptune’s visceral and intense live show.”>> Suonano come: Gang of Four, Einstuerzende Neubauten, The Ex e a volte come una fonderia. (Chicago Reader). Chris Brokaw, ex-Codeine e ed ex-Come non ha bisogno di molte presentazioni. Chris è un ottimo polistrumentista, fa tutto da solo e mostra di sapere bene come sfruttare il suo passato al meglio…  folk, post rock, psichedelia, atmosfere alla Calexico, ballate dal dolce sapore indie, i riff possenti vicini al Neil Young periodo Arc/Weld, senza comunque dimenticare Pullman e The New Year) dove non solo si scopre il Brokaw pensiero ma anche le fondamenta del rock tutto suonato in questi anni. Non trascurabile la sua collaborazione dal vivo con Evan Dando dei leamonheads. Chiudono la serata gli ormai italo/francesi Ulan Bator, avant-garde rock, Il gruppo ha ottenuto un vero e proprio plebiscito da parte di tutta la stampa specializzata transalpina. La rivista americana Alternative Press nel numero 100 indicava negli Ulan Bator l’unico gruppo francese degno di interesse ed il loro secondo album come uno dei dischi dell’anno. La band, formata da Amaury Cambuzat e Olivier Manchion dopo la loro divisione artistica si è stabilita definitivamente in Italia e la line up davvero d’eccezione comprende: Egle Sommacal dei Massimo Volume, organo e chitarre, Manuel Fabbro (anche negli Oslo) al basso, Matteo Dainese (Meathead, Here) alla batteria e massimo Gattel al violino. Il loro sound è avvicinabile a certe atmosfere tipiche di gruppi e solisti europei come Can e Robert Wyatt, o a band americane che rispondono ai nomi di Sonic Youth, Tortoise, Labradford. Ipnotici, melodici e volutamente estremi. Les Disques Du Soleil Et De L’Acier, ha pubblicato i primi tre album. Dal vivo hanno collaborato con i leggendari teutonici FAUST, dando vita ad paio di concerti collettivi. Attivi in versione live anche in Italia, gli ULAN BATOR hanno ricevuto i complimenti da Jim O’Rourke e David Grubbs (Gastr Del Sol), Sue Garner & Rick Brown (Fish & Roses, Run On). Gli Ulan Bator hanno fatto da spalla ai CSI in diverse occasioni. Nel 1998 il legame con l’Italia si è consolidato e gli Ulan Bator sono diventati un gruppo della scuderia di Sonicafactory prima e Alternative / Venus poi.  Hanno avuto produttori d’eccezione come Michael Gira (leader degli Swans e vero punto di riferimento per il gruppo francese) e Robin Guthrie dei Cocteau Twins. Non tornano a pescara da 4 anni, dopo un memorabile concerto SOLD OUT in un noto locale pescarese di qualche anno fa…

 

Organizzano: Assessorato al Turismo del Comune di Pescara, in collaborazione con Screamadelica AlternativeMusicStoreAssociazione Culturale Movimentazioni, Radio Città – Popolare Network, Ass. Cult Bacab, Ass. Cult. Grammophono alla Nitro Per informazioni: Paolo F. Visci Tel. 3382591834  paolo@8records.net  http://www.8records.net/rocket  

 

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CHEVREUIL + HONEY FOR PETZI 
april 1 Fano (It) @ Bachelor + Honey For Petzi
april 2 Roma (It) @ Init + Honey For Petzi
april 3 Pescara (It)@ Indie Rocket Festival +
 Honey For Petzi w/ New Black + The Death of Anna Karina + Ned
april 5 Faenza (It) @ Clandestino (solo Chevreuil)

 

Etichetta: Ottonecker http://www.ottonecker.fr.st / RuminanCE www.chez.com/ruminance/ Gentlemen music  www.gentlemen.ch 
Distribuzione europea: Chronowax  
 
Gli STORMANDSTRESS incontrano i DON CABALLERO e gli AC/DC.
Attivi dal 1998 sono un duo chitarra e batteria, proveninente da Nantes, Francia. Chiaramente influenzati dall’ultimo album degli Storm And Stress poropongono pezzi strumentali corredati da una chitarra su 4 amplificatori, batteria al centro e publico dentro e intorno lo “stage”. Steve Albini registra all’Electrical Audio di Chicago il loro LP “Chataeuvallon”. Per avere un’ idea più chiara dello stile degli Chevreul, immaginate un concerto di un gruppo ibrido formato da Shellac e Storm and Stress, con un tocco di Don Cabballero e le potenza degli AC/DC. Dopo il loro primo album “Ghetto Blaster” masterizzato da Fabrice Loreau (Yann Tiersen, Prohibition), moltissimi i responsi positivi già ricevuti da stampa e pubblico che li ha visti per ben due volte in Italia a fine Marzo e Luglio 2003. Ascoltando la band dal vivo si ha l’opportunità di notare che le caratteristiche ed il valore del gruppo non vengono affatto penalizzati, e che, anzi, tutte le loro qualità scintillano enfatizzate dal palco. Hanno accompagnato dal vivo Us Maple, Laddio Bolocko, Strom & Stress (Touch & Go), Lumen, la Guinguette Pirate, L’Altra, Bobby Conn (Thrill Jockey), King Q4, Ratiopharm, Rogojine, Oxes (Monitor), Gordz, Goddar, Guapo, The Plan, North Of America.
available during the tour :
CHEVREUIL FOR PETZI vs HONEY FOR CHEVREUIL split 7″

 

 

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LIQUID LAUGHTER LOUNGE QUARTET (GERMANIA) Flight 13 / Cargo / Ritchie Records www.lllq.de 
April 08 – Angi Pub – Trento
April 09 – Slovenia w/Neptune
April 10 – Clan destino – Faenza
April 11 – Kabala Jazz Club – Pescara
April 12 – Blu Dahlia – Marina di gioiosa j. – (RC)
April 13 – Fabbrik – Catania
April 14- C.p.g. – Giarre (CT)
April 15 – La Mangiatoia – Vittoria (RG)
April 16 – Pelle d’oca – Villa Rosa (EN)
April 17 – Init – Roma
April 18 – Libreria acustica – Monza (MI)

I LLLQ sono una band tedesca, innanzitutto. I LLLQ sono anche una di quelle band che un giorno chissà come, pura casualità, le vai a vedere dal vivo a scatola chiusa. O meglio, a ruota di un flyer assai singolare che li aveva definiti come “DavidLynch soundalike”. Che uno pensa, “ma come fa un disco a suonare come un regista?”: sarebbe quantomeno il più bizzarro fenomeno sinestetico pensabile. Soprattutto, mi ricordo di aver rimuginato “dopo Amore Del Tropico voglio proprio vedere come si organizzano questi qui…”.[ … ] Sicchè d’ improvviso questi LLLQ, questi crucchi, hanno iniziato a suonare. Il set lo ricordo come molto particolare: tantissimi strumenti, chitarra contrabbasso percussioni sintetizzatore molto altro; vocalist con il microfono illuminato, primissimo dei richiami agli intenti del già citato flyer (non so se il lettore ricorda la scena di Blue Velvet in cui Dean Stockwell canta in una lampada…); tempistica morbosamente dilatata, infinitamente dilatata, liquida. Manco a farlo apposta. Ed io lì, perso nella musica sin dalla prima nota, a speculare su ciò che stavo ascoltando. Tant’è che pochi giorni dopo sono riuscito a procurarmi tutta la discografia del gruppo in questione e l’ ho passata in rassegna tre volte. Se mi chiedete “perchè tre?” io ovviamente non so rispondere. Così. Uno mica deve avere sempre tutti i perchè, nella vita. Ho comunque appurato che l’ album migliore (la band ha alle spalle tre full lenght, qualche singolo ed il dieci pollici del quale si pretende di parlare qui) è quello “rosso”, il self titled. Del quale però non vale la pena narrarvi, poichè l’ ultimo lavoro in studio è “Was the pleasure…”, (e noi qui si tenta nei limiti del possibile di occuparci solo di roba nuova), che è anche la cosa più “sperimentale” creata dalla band durante la sua carriera, sebbene tutti i tratti distintivi essenziali delle precedenti produzioni siano anche qui sotto perfetta luce. I LLLQ sono grossomodo un gruppo ossessivo e nella musica e nel pensiero. Le loro storie sono noir, omicidi, amori malati, apparato concettuale vagamente deviante, “surrealismo americano” (ancora Blue Velvet). Dico questo nella piena coscienza di quanto sia forzato aggettivare con “americana” la proposta sonora di una band crucca, e dunque più europea tra le europee; e me ne frego anche, se vogliamo fare i pignoli, poichè è semplicemente così che stanno le cose. Nella musica dei LLLQ trovano il loro posto tutte le idee che sono state, prima di chiunque, di Angelo Badalamenti, una per una capillarmente, muovendo dalle chitarre surf per giungere agli slow fumosi di cui presumo tutti sappiamo, sempre all’ interno del grande disegno di straniamento sensoriale (di cui presumo tutti sappiamo) che è poi quello che ci si dovrebbe sentire in grado di definire come “abituale” con riguardo al grande compositore. Badalamenti, non i crucchi. Il nuovo diecipollici dei LLLQ è dunque più che altro tutto questo, anche se in una forma che ambisce ad essere new edition se così si può dire, e che mantiene fermi i presupposti e vi fa ruotare attorno songwriting e paranoie del caso. Bisogna aggiungere che quando, come si assume, contano più le suggestioni della musica di per sè – che qui non è il messaggio pur essendo il medium – al voler ottenere il clima desiderato cooperano partiture assai differenti tra loro, che arrivano ad avere in comune la lentezza e poco altro quando non si voglia usare come unico termine coagulante quello di “atmosfera”; che appunto è sempre la stessa. “Was the pleasure…” propone infatti anarchicamente e con eccessivo coraggio un piatto assai misto: blues, surf, ballate, nenie, qualche volta addirittura psychobilly… lo psychobilly di un quarantacinque giri fatto girare a trentatrè, per essere precisi. Se mi si dovesse chiedere cosa penso del risultato finale, non esiterei a sottolineare in prima battuta come la band riesca a perseguire esattamente quello che vuole, di traccia in traccia sistematicamente. Ma sul valore musicale, o anche sull’ innovatività del lavoro (che poi sono molto spesso due facce della stessa medaglia), conservo ancora – a buon diritto – qualche piccola riserva. Credo che la cosa più ovvia da fare sia indicare i LLLQ a chiunque cerchi musica ambientale che funga da adeguato sottofondo alle proprie inquietudini; al contrario, tutti coloro che antepongono la lucidità critica alla paradigmatica figura del nano che balla dinanzi ad un fondale di tende rosse, preferiranno senz’ altro dirigersi altrove. (STEWEY’S STAR #4 – Giordano Simoncini)

(David Lynch like sounds with rockabilly, blues) “The Liquid Laughter Lounge Quartet plays cocktail music, a bitter-sweet liquid concoction that sticks in your throat leaving an aftertaste that is somewhere between pretty and pretty ugly. These four gentlemen of Freiburg borrow, alienate and counterfeit country and western, Rockabilly, an immense blues rendered with austere arrangements and an emotive and often hysterical voice. Anyone who finds themselves thinking about David Lynch films has hit the nail squarely on the head. With upright bass, drums. guitar a voice and a suitcase stuffed with sounds, Liquid Laughter Lounge Quartet are just as much a part of the furniture as the dilapidated sofa in the corner at The Heartbreak Hotel. And, the music matches the decor: pretty but also quick to unsettle and in places somewhat divergent and diffused, its contours washed smooth in deep swathes of red and blue. Ghosts whisper to rockabilly skeletons; this sotto voce country and western accompanied by a besotted Brian Ferryesque refrain. The far-flung and two-left-footed tango receives a jolt and a wry blues shuffle is danced until the glasses become stuck to the tabletops. The ice has long melted and the drink now tastes more bitter than sweet- just like the memories. Lyrics about angels, drugs, strange neighbours, forgetting and disappearance are morbid yet tender. The songs often hang in the air in much the same way a photograph from better days hangs on the wall.”

 

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XIU XIU @ ECOTECA  – Via Caboto PESCARA www.xiuxiu.org