Charles Tyler ‘Eastern Man Alone’

(ESP/Goodfellas 2002)

Charles Tyler viene ricordato soprattutto per aver suonato nello stratosferico “Bells”, oltreché nei più modesti “New York Eye And Ear Control” e “Spirits Rejoice”, del grande Albert Ayler. È un vero peccato perché l’altosassofonista del Kentucky, come dimostra questo suo secondo disco da leader, possiede ben altri meriti. Il suo esordio, pubblicato subito dopo aver abbandonato il gruppo di Ayler, era un live piuttosto ligio agli insegnamenti del maestro e non lasciava presagire la virata verso queste atmosfere, emanate da un’impostazione strumentale di tipo cameristico, tanto introverse da dare alla musica una fisionomia affatto singolare. “Eastern Man Alone” riveste un ruolo, e occupa una posizione ben precisa, nella scala evolutiva che dalle intuizioni di Eric Dolphy porta alla musica improvvisata degli anni Settanta. La strumentazione dell’ensemble, limitata ad un sax alto, un violoncello e due contrabbassi, è veramente rivoluzionaria se consideriamo il periodo storico e lo sviluppo futuro della musica improvvisata. Siamo, infatti, all’inizio del 1967, l’estetica free è ancora imperante e le intuizioni di Tyler serviranno agli improvvisatori del decennio successivo per allestire colazione, pranzo e cena. Non è un caso se circa dieci anni dopo fu proprio la Nessa, etichetta legata a Roscoe Mitchell e agli altri musicisti chicagoani, ad ospitare nel proprio catalogo l’inatteso ritorno di Tyler intitolato “Saga Of The Outlaws”. Le attrattive maggiori di “Eastern Man Alone” stanno negli impasti dei tre strumenti a corda e nel dualismo, motore ritmico e voce solista, che ha per protagonista il prodigioso violoncellista Dave Baker. Da un punto di vista estetico l’irruenza e il primitivismo ayleriani sono stemperati in una vena malinconicamente colemaniana. L’influenza di Ayler si fa sentire maggiormente proprio nell’unico brano – Le-Roi, splendida marcia funebre cangiante in saga carnascialesca – non firmato dal leader, bensì da Dave Baker, i cui lembi celano una dedica assai prevedibile al poeta del black power LeRoi Jones. Tyler guarda oltre e nell’iniziale Cha-Lacy’s Out East – titolo invero monkiano – tira fuori dal cilindro un’autentica sorpresa che lascia intendere, alla luce dell’importanza ricoperta negli anni a venire dal musicista cui viene reso omaggio, come il suo intuito possa spingersi in avanti fino a macchiarsi di chiromanzia. Insomma, l’avrete capito a prescindere da queste mie osservazioni, “Eastern Man Alone” è un acquisto obbligatorio per tutti coloro che intendono conoscere l’evoluzione della musica improvvisata e Charles Tyler è un musicista che merita di essere riscoperto. (no ©)

Voto: 8

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Autore: sos.pesa@tin.it