Liquid Clock ‘Sense of Self’

(Autoprodotto 2010)

A cavallo tra funky, rock e jazz, frullati in dosi di volta in volta differenti, i Liquid Clock arrivano, dopo 3 anni di apprendistato, al loro esordio discografico con questa autoproduzione (il disco, distribuito in licenza Creative Commons, è scaricabile gratuitamente al link a fondo pagina) dal tocco però tutt’altro che casalingo.
I lodigiani si divertono a rotolarsi tra gli stilemi dei generi sopracitati, tra Frank Zappa e Red Hot Chili Peppers, passando per l’improvvisazione di stampo tipicamente jazzistico, ottenendo come risultato un liquido (e cosa doveva venirne fuori dato il nome?) carico di sfumature, denso e assai saporito.
Il tappeto morbido e soffuso di Equilibrium Lost ci fa accomodare nell’opera tra wah dilatati e le evoluzioni saltellanti del sax. Ma già con The Thinkin’ Brodge ci avviciniamo al funk-rock dei Red Hot anni ’80 ma con minor rabbia e maggiore sinuosità. Il trio si trova a suo agio anche nella lande desolate oscure di Twix PeanSouth American Waves torna infatti al calore da piano bar della traccia iniziale, mentre con la lunga suite (8 minuti e mezzo) Sgwish i nostri tentano di avvicinarsi alle complessità strutturali di Zappa. Con Saint Cape si torna a melodie funky più ordinarie prima che la conclusiva On a Rope torni a sfiorare territori più oscuri prima di esplodere in un finale a tinte forti e psichedeliche.
Buoni spunti da questo lavoro d’esordio per la band lombarda, che rifiuta tanto di inserirsi nei filoni del jazz contemporaneo quanto di scimmiottare il funky degli anni ’70-’80. Il mix è ancora da calibrare e nel finale il disco scende di tono, ma ci sono i presupposti per fare bene.

Voto: 7

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